A Capalbio – piccolo Comune della Maremma – la scorsa settimana si è tenuta la 54esima Sagra del Cinghiale. Un evento che è stato contraddistinto da una pubblicità assai discutibile per quanto riguarda i ruoli di genere.
Sulla foto di una brochure pubblicata da Dagospia, possiamo infatti leggere: «Le pietanze sono cucinate da cuochi-cacciatori, esclusivamente uomini, e si sa quando è un uomo ad amare la cucina i risultati sono eccezionali!». Gli organizzatori della sagra hanno dunque stabilito che gli uomini siano più bravi delle donne a cucinare la polenta, cotiche e fagioli o il cinghiale alla cacciatora… Ma non preoccupatevi, c’è stato posto anche per le donne, dove? «Alla somministrazione dei piatti, rigorosamente selezionate tra mogli e figlie dei nostri cacciatori». La stessa descrizione è (tuttora) presente sul sito dell’evento.
Gli organizzatori hanno replicato sul Tirreno, dicendo che «si godono il successo» della sagra e giustificando la suddivisione dei compiti con un’arrampicata sugli specchi degna di nota. «Da sempre la sagra di Capalbio in cucina ha visto gli uomini – spiegano nell’intervista – non solo perché sono gli stessi che vanno a cacciare il cinghiale che viene cucinato, ma perché sono anche coloro che spostano i pesanti ed enormi pentoloni di sugo che ogni sera vengono preparati in cucina». Le donne invece sarebbero state “selezionate” per servire «nel senso buono del termine», perché per gli organizzatori «la sagra è come una famiglia». Probabilmente una famiglia dal profumo di patriarcato.
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