Quando si parla di bullismo nelle scuole, soprattutto dal mondo dei grandi, si tende a minimizzare il problema e a difendere chi pratica bullismo dicendo «Ma sono solo dei ragazzini, che genere di male potrebbero fare?», oppure «È normale che alla loro età siano così». Ci si concentra, quindi, più sul soggetto che lede che su quello che viene leso.
Qualche passo si è iniziato a muovere nel nostro Paese con l’introduzione da parte delle istituzioni di campagne atte a sensibilizzare i cittadini su questa tematica, di alcune direttive emanate dal MIUR, ma anche da parte della TV pubblica con programmi come #maipiùbullismo a cura di Pablo Trincia. Nel complesso, tutto ciò ancora non basta perchè il fenomeno è in continua crescita e vede sempre più l’affermarsi delle cosiddette baby gang, del cyberbullismo (il bullismo in rete) e del bullying rivolto contro gli stessi insegnanti!
Sono molti i casi avvenuti a riguardo, ad esempio a Lecce, dove dei bulli hanno pulito la lavagna con la maglietta di un 17enne e minacciato quest’ultimo con una sedia; oppure a Padova dove un tredicenne è stato pestato nei bagni da ben 15 suoi coetanei; a Ferrara un bambino di 11 anni ha “avvertito” un suo coetaneo di religione ebraica che «Da grandi riapriremo Auschwitz e vi ficcheremo nei forni»; o, ancora, la terribile storia di Michele Ruffino, 17enne della provincia di Torino che si è suicidato buttandosi da un ponte a causa dei continui atti di bullismo subiti. Non solo, perchè oltre al danno, c’è anche la beffa: secondo la madre del giovane, durante il funerale, uno dei bulli avrebbe detto guardando l’epigrafe: «Dal vivo eri ancora più brutto e inutile». Parole agghiaccianti e che dovrebbero far riflettere.
C’è ancora tanta strada da fare nelle scuole
La scuola italiana, partendo dal MIUR e arrivando fino ai presidi e agli educatori, non può e non deve più sottovalutare il problema attuando solo qualche accorgimento a valle, ossia applicando ai bulli delle note disciplinari e delle sospensioni una tantum; essa deve iniziare a concentrarsi sul nocciolo della questione, modificando il suo piano formativo, insegnando ai propri alunni il rispetto dei soggetti più deboli, sia caratterialmente, ma anche coloro appartenenti a minoranze, come i giovani LGBT+ (ritenuta la categoria più a rischio dagli stessi studenti) o i diversamente abili.
I ragazzi vittime di bullismo dovrebbero sempre parlare con i propri tutori e insegnanti circa la situazione di pericolo che stanno vivendo, senza provar vergogna o imbarazzo, altrimenti starebbero solo assecondando gli stessi bulli: questi ultimi, infatti, sono i primi ad avere dei disagi derivanti, ad esempio, da una situazione familiare complicata.
Si dovrebbe implementare l’attività di supporto psicologico anche per questi ultimi, in modo da bloccare sul nascere qualsiasi atto contrario alla buona convivenza con i propri coetanei. Bisognerebbe creare un vincolo d’ascolto e di supporto tra istituzioni, scuola, studenti e genitori.
Nell’ultimo anno la cronaca ci ha raccontato di numerosi episodi di bullismo e di come questi sono stati affrontati da diverse realtà scolastiche. Da un lato ci sono esempi virtuosi, come gli studenti di un alberghiero di Brindisi che hanno organizzato un flashmob dal nome #siamotuttifroci a supporto di un compagno vittima di bullismo, o come il preside di un liceo di Ravenna che non fa cancellare la scritta a lui rivolta con intento omofobo per insegnare che non c’è nulla di male a essere gay. Dall’altro lato ci sono provvedimenti non all’altezza del ruolo educativo della scuola, come il caso di Pistoia in cui alla ragazza bullizzata viene data la stessa punizione di coloro che l’avevano umiliata, perché «aveva bevuto».
Qualche dato
In Italia un adolescente su due è vittima di episodi di bullismo: si comincia con le prese in giro e gli insulti, e poi, in 4 casi su cento, si finisce con gli atti di violenza. Le ragazze vittime di bullismo (20,9%) superano i maschietti (18,8%). Il fenomeno è risentito di più nelle regioni settentrionali (fonte: ISTAT). Molto alta è la percentuale di coloro che sono spettatori di episodi di bullismo (il 45%) e ciò fa solo che preoccupare e innalzare la gravità della situazione: si preferisce “non fare la spia” anzichè aiutare un compagno in difficoltà.
Come identificare vittime e bulli
L’associazione Telefono Azzurro lotta ormai da tempo contro questa piaga sociale e di recente ha rilasciato un manuale per i genitori e gli insegnanti su come identificare vittime e bulli, del quale se ne riportano gli elementi principali.
Come si riconosce una vittima di bullismo? Rientra a casa da scuola con abiti stracciati e con il materiale didattico rovinato, ha lividi e ferite, non ha alcun amico, inventa numerose scuse per non andare a scuola, ha frequenti sbalzi d’umore, ruba denaro alla famiglia per darlo ai bulli.
Come si riconosce un bullo? Prende continuamente in giro i compagni, intimidisce e minaccia, è manesco, danneggia o si impossessa di cose altrui.
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3 thoughts on “La lotta al bullismo nelle scuole è rimandata a settembre”