Se qualche giorno fa sul Fatto Quotidiano si rimpiangevano le battute cinematografiche sui «finocchi», oggi il giornalismo italiano ha deciso di fare un salto negli anni del vizietto anche per quanto riguarda la cronaca nera, tramite un articolo nel quale l’omosessualità e i kink tornano ad essere qualcosa di «deviato», nonché una «verità dolente».
Si sta parlando di Federico Tedeschi, il 19enne trovato morto nel novembre del 2017 nel suo villino a Roma. Sul Corriere si annuncia la riapertura delle indagini in quanto, a differenza di quanto certificò all’epoca il medico legale, non si sarebbe trattato di un infarto ma di omicidio. Il quotidiano racconta quindi dell’impegno dei genitori alla ricerca della verità, che «per ottenere giustizia si sono trasformati in investigatori, anche al prezzo di affrontare una verità dolente: la vita segreta del figlio, che frequentava un mondo deviato, legato a chat erotiche omosessuali, dedito a pratiche violente».
Frasi che sembrano intrise di giudizio nei confronti di chi fa sexting o chi consuma rapporti occasionali organizzati su una chat, con una nota di kink shaming. Eppure si poteva fare informazione senza personalissime considerazioni sulla vita sessuale del defunto. «Ma come si fa a scrivere un pezzo del genere? Siamo tornati all’omicidio Lavorini del 1969? – chiede il giornalista Simone Alliva in un post – Questa cosa fa passare il messaggio che la vittima in qualche modo se l’è cercata, che è comunque corresponsabile di ciò che è successo con un sottofondo di omofobia nemmeno tanto velato».
Ma come si fa a scrivere un pezzo così?
Siamo tornati al 1969?
Quest cosa fa passare il messaggio che la vittima in qualche modo se l’è cercata, che è comunque corresponsabile di ciò che è successo con un sottofondo di #omofobia nemmeno tanto velato.https://t.co/i0j3iQQc2I pic.twitter.com/SLYXYCoH0O— Simone Alliva (@SimoneAlliva) April 19, 2021
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