Se sia una parziale vittoria o sconfitta sta agli ungheresi trans dirlo, ma è facile immaginare come in questi casi neanche una buona notizia possa risultare soddisfacente. La Corte costituzionale di Budapest, scrive Reuters, ha dichiarato parzialmente incostituzionale l’articolo 33 della tanto discussa, quanto discriminatoria, legge che vieta il riconoscimento giuridico di genere per le persone transgender.
La legge era stata fortemente voluta dal partito di destra al governo dell’Ungheria, Fidesz, e dal primo ministro Viktor Orbán. Nulla di nuovo per quello che in questi anni abbiamo imparato a conoscere come uno dei Paesi europei più omofobi e transfobici.
La sentenza della Corte costituzionale ungherese non ha cancellato la norma discriminatoria, precisa Il Grande Colibrì, ma ne ha impedito la retroattività: la legge non si potrà applicare a chi ha modificato nome e/o indicazione di genere sui documenti ufficiali prima di maggio 2020.
Mentre però il movimento LGBTQIA promette di dare battaglia, la NMHH, cioè l’autorità che controlla i media ungheresi istituita per volontà di Fidesz, ha aperto un procedimento contro il gruppo RTL per aver mandato in onda uno spot a favore delle “famiglie arcobaleno” e delle persone LGBT. Sempre in Ungheria due anni fa la Coca Cola fu multata per aver fatto una campagna pubblicitaria in cui venivano raffigurate coppie omosessuali baciarsi.
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