Al fine di salvaguardare i diritti dei muxe e delle persone transgender, il Congresso di Stato di Oaxaca, in Messico, ha approvato l’istituzione dell’usurpazione dell’identità di genere come concetto giuridico nella legge delle istituzioni e procedure elettorali.
Il provvedimento si è reso necessario a seguito delle elezioni del 2018 nelle quali sono stati segnalati ben 17 casi di candidature maschili registrate come transgender per occupare spazi destinati alle donne. Fortunatamente le loro candidature sono state cancellate quando le autorità hanno verificato che i “cachirules” vivevano come uomini cisgender.
Per questo motivo, i membri delle comunità trans, muxe e delle altre identità di genere di Oaxaca, hanno chiesto che la parità di genere sia rispettata senza simulazioni e che i partiti politici e i candidati che violano la legge con false dichiarazioni al momento della registrazione degli uomini fossero puniti.
Per ovviare a ciò il Congresso locale ha riformato l’articolo 2 della legge sulle istituzioni e procedure elettorali dello Stato di Oaxaca descrivendo il reato di usurpazione dell’identità di genere: «L’usurpazione dell’identità di genere è l’atto mediante il quale un cittadino o una persona si attribuisce mendacemente a un genere diverso dal proprio, al fine di beneficiare di azioni affermative per soddisfare il requisito della parità di genere e dell’alternanza». L’iniziativa prevede anche che una volta che le autorità elettorali provino l’usurpazione dell’identità, le candidature verranno ritirate e il 50 per cento del finanziamento pubblico sia ridotto al partito che ha subito l’ irregolarità.
Il rovescio della medaglia
Sebbene quest’atto cerchi di proteggere i diritti delle persone transgender e dei muxe, il rischio che si corre è che diventi un’arma a doppio taglio. L’attivista Jessica Marjane, fondatrice e coordinatrice generale del Red de Juventudes Trans México, spiega a Reporte Indigo che ci sono ancora problemi per una candidata trans nel dimostrare la sua identità.
«A Città del Messico è già una procedura amministrativa, ma ci sono molte persone della comunità che qui vivono e hanno partecipazione politica, ma sono nati in altri Stati, dove il cambiamento di genere non è ancora legalizzato e non possono provare la loro identità».
Sebbene nella capitale, infatti, sia facile cambiare genere all’anagrafe, a livello federale non si può fare lo stesso con il codice unico del registro della popolazione (CURP), un documento del governo del Messico che serve per identificare i cittadini. «Quindi – sostiene l’attivista – se la riforma verrà approvata, sarà difficile per questa popolazione verificare il proprio sesso, con la conseguenza che la partecipazione politica della comunità trans sarà inibita».
Identità di genere, autodeterminazione e quote rosa
Il trade off tra la rappresentatività politica delle donne e l’auodeterminazione delle persone non cisgender è un tema caldo non solo in Messico, ma anche nel resto dell’Occidente. Sul bilanciamento di questi diritti si gioca la partita tra femminismo radicale e transfemminismo, segnando di fatto uno spartiacque. Se il primo movimento vede nel riconoscimento del concetto – ormai scientificamente consolidato – di identità di genere un pericolo per gli spazi riservati alle donne, il secondo reputa che ogni individuo abbia il diritto di identificarsi nel genere che riconosce come proprio al di là dei genitali o dei cromosomi, e che non siano casi limite come quelli dei “cachirules” (contrastabili con opportune leggi) a minacciare le conquiste femministe.
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