È terminato con il rilascio da parte della Polizia l’incredibile weekend di Pietro B., il ragazzo italiano arrestato lo scorso venerdì in via Krakowskie Przedmieście a Varsavia per il semplice motivo di essere lì nel corso di una protesta LGBT+. Grazie alla segnalazione giuntaci da alcuni amici che vivono in Polonia, ieri mattina avevamo comunicato la presenza di un italiano tra i circa 50 arrestati e, grazie all’attivazione di Arcigay, è stata messa al corrente la Farnesina.
La manifestazione, a cui il ragazzo di origini pugliesi che vive a in città aveva partecipato semplicemente assistendo e riprendendo con lo smartphone i militari che trascinavano via chi ostruiva il passaggio di una loro vettura, aveva l’obiettivo di esprimere solidarietà a Margot, un’attivista transgender che ha ricevuto un mandato d’arresto di due mesi per la vandalizzazione di un furgoncino che girava per Varsavia affermando che l’omosessualità fosse legata alla pedofilia.
A differenza da quanto riportato da alcune testate giornalistiche italiane, Pietro non è un attivista, ma era presente alla manifestazione come semplice cittadino. Prima di essere fermato dalla polizia aveva pubblicato sul proprio profilo Facebook alcune scene in cui la manifestazione appare pacifica, così come ci racconta sulla base di ciò che ha visto, sebbene non sia in grado di escludere che ci siano stati degli attacchi contro la Polizia (come dichiarato da quest’ultima).
Prima di riuscire a pubblicare ulteriori video, che siamo in grado di farvi vedere di seguito, Pietro – insieme ad altre persone apparentemente scelte a caso – è stato fermato e portato in un commissariato in manette e costretto a passare una notta in cella, privato del proprio smartphone, prima di essere interrogato con l’ausilio di un interprete. Ci racconta di essere stato trattato bene, a parte il fatto di essere stato trasferito da un commissariato all’altro con le manette ai polsi.
Rilasciato in serata, insieme agli altri cittadini polacchi, Pietro drovrà ora recarsi due volte a settimana in commissariato per firmare e dovrà affrontare un processo in cui viene accusato della violazione di due articoli del codice penale, ma si dice ottimista sull’esito di quest’ultimo.
Essendo già preoccupato per la direzione intrapresa dalla Polonia in tema di diritti LGBT+, sensibilmente peggiorata dalla data del suo trasferimento per motivi lavorativi, questo episodio lo ha un po’ scoraggiato circa la sua permanenza nel Paese. «Ci ho riflettuto – ci confida – da una parte credo che se tutti scappano le cose non cambieranno mai, dall’altra la situazione sta diventando insostenibile, quindi non escludo un trasferimento in un altro Paese».
Arcigay: «Parlamento Ue intervenga sulla questione»
Contattato da NEG Zone, il segretario nazionale di Arcigay Gabriele Piazzoni ha dichiarato: «La vicenda che ha visto coinvolto anche un nostro connazionale, fortunatamente liberato illeso dopo oltre 24 ore di fermo di polizia, si inquadra in una situazione che investe i diritti delle persone LGBT+ in Polonia che ci preoccupa profondamente. L’omotransfobia in Polonia è ormai diventata programma di governo con la rielezione del presidente Duda, avvenuta poche settimane fa e si manifesta sempre più spesso attraverso la violazione dei più elementari principi propri di uno stato di diritto».
«In Polonia si sta giocando una battaglia epocale sulla tutela dei diritti civili – continua – che non è solo polacca ma che riguarda il futuro dell’intera Europa. Per questo ci associamo con forza e convinzione all’appello di ILGA Europe affinché le istituzioni umanitarie internazionali, inclusa la comunità Europea, l’ONU e il consiglio d’Europa intervengano contro “la violenza della polizia e le detenzioni arbitrarie e affinché lo stato di diritto e la tutela dei diritti delle persone LGBT* vengano garantiti anche in Polonia”».
«In particolare chiediamo agli Europarlamentari Italiani di fare in modo che il parlamento europeo intervenga sulla questione – conclude l’attivista LGBT+ – e auspichiamo l’attivazione diretta del Governo Italiano presso le autorità Polacche per censurare quanto accaduto e aumentare la pressione internazionale sul governo di Varsavia».
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