La regista Lilly Wachowski conferma le teorie dei fan: Matrix è un’allegoria trans. «Sono felice che l’intenzione originale sia emersa. Ma all’epoca il mondo non era ancora pronto, le compagnie non lo erano» racconta Lilly, co-regista di Matrix insieme alla sorella Lana, in una videointervista per Netflix Film Club.
Entrambe le sorelle Wachowski sono donne trans e, nonostante non avessero ancora fatto coming out, con molta probabilità questo ha influito nella caratterizzazione del film. «Non so quanto la mia natura trans fosse presente nel mio cervello mentre stavamo scrivendo – prosegue la regista – Vivevamo in un mondo immaginario, ecco perché mi sono indirizzata verso fantascienza e fantasy e giocavo a Dungeons and Dragons. Riguardava tutto la creazione di mondi. Ci ha dato libertà come registe perché siamo state in grado di immaginare cose che all’epoca non si vedevano sul grande schermo».
Motivo portante della trilogia, a dire della regista sarebbe «il desiderio di trasformazione, ma originato da un punto di vista costretto a nascondersi». A conferma di ciò l’introduzione del personaggio di Switch, la bionda hacker interpretata da Belinda McClory, inizialmente pensata come qualcuno che nel mondo reale è maschio, mentre nella Matrice è femmina. Del progetto iniziale è rimasto solo il nome, Switch significa scambio, mentre il personaggio è diventato una donna con un’accennata androginia.
Anche il dialogo del primo incontro tra Neo e Morpheus sarebbe un discorso sull’identità di genere: «Sai qualcosa. Quello che sai, non puoi spiegarlo, ma lo senti. Lo hai sentito per tutta la vita. C’è qualcosa che non va nel mondo, non sai cosa sia, ma è lì, come una scheggia nella tua mente, che ti fa impazzire». A cercare bene sono molti i dialoghi e le scene che avrebbero dovuto farci capire l’allegoria dietro al film. Qualcuno lo aveva già capito, tanto da rivolgersi con gratitudine alle registe.
«Adoro quanto i film siano stati significativi per le persone transessuali che sono venute a dirmi: ‘Questi film mi hanno salvato la vita’ – ha aggiunto la regista – Perché quando parli di trasformazione, in particolare nel mondo della fantascienza dove è tutta immaginazione, è come rendere possibile qualcosa che sembra impossibile. Credo che i film parlino con loro proprio per questo motivo, e sono grata di aver potuto aiutare queste persone nel loro viaggio».
«C’è uno sguardo critico che viene gettato indietro sul lavoro mio e di Lana attraverso la lente della nostra transessualità – conclude la Wachowski – È una cosa fantastica perché ci ricorda che l’arte non è mai statica. E mentre le idee di identità e trasformazione sono componenti centrali del nostro lavoro, la base su cui poggiano tutte le idee è l’amore. L’amore è fondamentale per le persone transgender: è una catena».
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