Dal greco “Homos” che significa stesso e “Fobos”, greco per paura, queste due parole unite formano il termine “omofobia”, piaga sociale che sembra essere radicata nella cultura italiana quanto la pasta al pomodoro e il bidet.
Ma quanto è radicata? Non mi pongo solo io questa domanda la notte prima di dormire, ve la ponete anche voi immagino, magari in momenti diversi che non influiscono sul vostro rapporto sonno/veglia, ma è una domanda comune tra chi non vede differenze.
Se la sono posta anche ad Hashtag, il nuovo show di Nove in collaborazione con Fanpage. Per rispondere a questa domanda hanno realizzato una serie di esperimenti sociali nella puntata dal titolo “Divers*”. Un padre lega il figlio omosessuale che indossa un favoloso paio di stivaletti argentati con tacco ad una sedia, vuole correggere la sua omosessualità, e lo espone ad un processo di passanti, cercando (e troppo spesso trovando), consensi per il suo comportamento. Una persona transessuale tenta di utilizzare il bagno di un bar nel quale è cliente, ma la guardia le blocca il passaggio tra l’indifferenza di alcuni e la rabbia di molti. Due ragazzi cacciati dalla spiaggia perché sono gay e si baciano, e possono dare fastidio ai bambini, i quali poi si rivelano più inclusivi di quanto i genitori pensino, dimostrazione che l’omofobia non è una caratteristica di nascita ma un insegnamento postero.
Possiamo dare la colpa al mito del machismo, alla religione, a ideali politici, a omosessualità repressa, addirittura alla paura della fine della specie umana. Tutte paure che si possono dissipare, con un po’ di informazione ed empatia, imparando da quei bambini stessi, ai quali non interessa chi baci.
Hashtag è un progetto di Nove e Fanpage, con esperimenti sociali affrontano le disuguaglianze che affliggono la nostra cultura, disponibile su Dplay.
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