Il “gaydar”, il radar gay, esiste: è possibile riconoscere un uomo omosessuale dal modo in cui parla. Questo è il risultato di uno studio coordinato dalla prof.ssa Anne Maas del Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e della Socializzazione dell’Università di Padova e condotto da Maddalena Daniele Università di Padova, Fabio Fasoli University of Surrey, Raquel Antonio Centro de Investigação e Intervenção Social, Instituto Universitário de Lisboa Portugal, Simone Sulpizio Università di Milano Bicocca.
Lo studio, condotto in due parti, dal titolo Gay Voice: Stable Marker of Sexual Orientation or Flexible Communication Device? e pubblicato su Archive of Sexual Behavior, era volto a dimostrare come le persone gay tendano a modificare la propria voce a seconda del contesto sociale in cui si trovano per enfatizzare o nascondere il proprio orientamento sessuale.
Nella prima parte della ricerca sono state fatte ascoltare a 383 partecipanti italiani e 373 partecipanti inglesi delle brevi simulazioni di conversazione in cui 10 uomini gay italiani parlavano con tre diverse persone: una con cui avevano fatto un coming out ed erano stati accettati, una con cui avevano fatto un coming out difficile e non si sentivano accettate e una con la quale non avevano fatto coming out.
Via via che l’esperienza del coming out con l’interlocutore si faceva più positiva, gli ascoltatori percepivano come “più gay” la voce di chi parlava. Questo a prescindere del contenuto del dialogo. I partecipanti inglesi, infatti, nonostante non comprendessero quello che veniva detto dai dialoghi hanno percepito l’omosessualità dei parlanti nello stesso modo della loro controparte italiana.
Nella seconda parte della ricerca sono state fatte ascoltare a 309 italiani le voci di 14 YouTuber inglesi (7 gay e 7 eterosessuali). Anche in questo caso si è notato come la voce degli YouTuber omosessuali cambi in funzione del coming out. Nelle registrazioni che precedevano la dichiarazione del proprio orientamento sessuale, infatti, i parlanti gay e le loro voci venivano percepiti come leggermente più gay dei parlanti eterosessuali. Dopo che avevano fatto coming out, invece, le voci degli YouTuber gay erano percepite come più gay da parte degli ascoltatori, mentre quelle degli eterosessuali dello stesso genere ed età erano percepite come più eterosessuali col passare del tempo.
«Le persone gay sono capaci di enfatizzare e parzialmente nascondere il loro orientamento sessuale – spiega Maddalena Daniele a Le Scienze – I nostri dati mostrano chiaramente che la voce segnala l’appartenenza ad una categoria sociale e che il parlante adotta modi di parlare stereotipicamente omosessuali o stereotipicamente eterosessuali al fine di enfatizzare o nascondere il proprio orientamento sessuale». Secondo la ricercatrice, ciò «conferma l’idea che gli stili linguistici non riflettono l’identità sociale del parlante in modo statico, ma che questa identità è costruita attivamente in interazione con gli altri».
Il dottor Fabio Fasoli e la professoressa Anne Maass ipotizzano che «le persone gay potrebbero controllare il suono della loro voce prima del coming out a causa della pressione sociale che spinge loro a nascondere il loro orientamento sessuale».
«Dato lo stigma tuttora associato con le minoranze sessuali in molti Paesi – afferma il dottor Sulpizio – non è sorprendente che le persone gay monitorino sia la situazione in cui si trovano, sia l’interlocutore con cui stanno interagendo e con cui si sentono più o meno a loro agio nel comunicare o nascondere il loro orientamento sessuale». Secondo il ricercatore, lo studio «mostra come le persone gay possano aspettarsi di essere stigmatizzate e affrontino ciò provando a suonare più “eterosessuali”. Questo suggerisce il bisogno di decostruire i comuni stereotipi e lo stigma associato alla “voce gay”».
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