Riceviamo e volentieri ripubblichiamo una prima riflessione del giurista e docente di diritto penale Vincenzo Musacchio sul disegno di legge contro l’omotransfobia depositato pochi giorni fa in Parlamento. Il prof. Musacchio è associato al Rutgers Instituteon Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA), oltre ad essere un ricercatore dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. Nella sua carriera, il giurista è stato allievo di Giuliano Vassalli, e amico e collaboratore di Antonino Caponnetto, magistrato italiano conosciuto per aver guidato il Pool antimafia nella seconda metà degli anni ’80.
Il disegno di legge contro l’omotransfobia: l’opinione del giurista Vincenzo Musacchio
Il ddl sarà discusso in aula dal 27 luglio. La proposta di legge contro l’omofobia, il cui testo base ora è all’esame della Commissione Giustizia della Camera, dovrebbe iniziare quel giorno la discussione generale nell’assemblea di Montecitorio. A stabilirlo ieri la conferenza dei capigruppo che di fatto ha voluto dare un’accelerazione all’iter legislativo che interviene sugli articoli 604 bis e ter del codice penale con cui viene punita la propaganda, la discriminazione e la violenza «per motivi razziali, etnici o religiosi», estendendo anche a quelli «fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere».
Sono uno studioso del diritto penale e proprio per questo sostengo che le condotte d’odio si combattano primariamente attraverso la prevenzione che passa tramite la cultura e la memoria storica. Per nostra fortuna abbiamo l’art. 3 della nostra Costituzione che ci guida nella complessa materia ricordandoci che tutti i cittadini hanno pari dignità e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
La nuova legge vorrebbe aggiungere al delitto di discriminazione per motivi “razziali, etnici o religiosi” anche quelli fondati “sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere”. Nel nostro Paese esiste un problema di razzismo generale e verso le persone omosessuali e transessuali, quindi, in assenza di qualsiasi attività di prevenzione ancora una volta si delega al diritto penale il compito di risolvere l’incapacità dello Stato nell’attivare politiche sociali e culturali adeguate.
Se questa legge sarà utile o meno lo dirà il tempo. Su una cosa tuttavia dovremmo riflettere: l’Italia è fra i Paesi europei con indice di discriminazione più alto, mentre si segnala l’assenza di una legge contro l’odio e la discriminazione provocati da distinzioni sessuali, presente, invece, in quasi tutti gli Stati membri dell’Unione europea. Il divieto di discriminazione delle persone omosessuali e transessuali rispetta il principio di uguaglianza, ovvero un principio supremo del diritto costituzionale, che non potrà mai essere eliminato o modificato, pena il venir meno della democrazia repubblicana. L’art. 3 Cost., infatti, afferma che: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale (…) di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. Proprio nel concetto di “condizioni personali” rientra la sessualità che è uno modi di espressione della persona umana e il diritto di disporne liberamente è senza dubbio un diritto soggettivo, che va ricompreso tra le posizioni soggettive direttamente tutelate dalla Costituzione ed inquadrato tra i diritti fondamentali della persona umana.
Senza preconcetti direi che la proposta di legge aggiunge un tassello alla pari dignità in Italia, riconoscendo nel sesso, nel genere, nell’orientamento sessuale e nell’identità di genere dimensioni della personalità ricche di valore per la persona e dunque rilevanti per il diritto. È inutile far finta di non vedere i mutamenti sociali in corso e le loro degenerazioni. Possono piacere o meno ma ci sono e quindi vanno regolamentati mirando ad una società più libera, più giusta, inclusiva e solidale. La società cambia e il diritto deve seguire di pari passo i mutamenti sociali laicamente e non religiosamente.
Ricordo che nella civile Italia, sino alla fine del secolo scorso, era previsto un delitto che se perpetrato al fine di salvaguardare l’onore (ad esempio l’uccisione della moglie adultera o dell’amante di questa o di entrambi) fosse sanzionato con pene attenuate rispetto all’analogo delitto di diverso movente, poiché si riconosceva che l’offesa all’onore arrecata da una condotta “disonorevole” fosse equiparata ad una gravissima provocazione, e la riparazione dell’onore con l’omicidio non causasse riprovazione sociale. Ricordo che in vigore abbiamo ancora quel codice penale perciò spesso siamo costretti a modifiche continue al passo con le evoluzioni o le involuzioni sociali.
La contrarietà della Chiesa è legittima. Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, tuttavia, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. Libera Chiesa in libero Stato. Per cui sono legittime le opinioni espresse dai Vescovi sulla legge ma sempre e comunque nella piena consapevolezza dei limiti che la nostra Costituzione impone all’ambito religioso.
Ho purtroppo conosciuto persone che hanno scaraventato fuori di casa la loro figlia lesbica quando lei ha confessato loro la sua sessualità. Credo che la felicità sia raggiungibile solo grazie all’amore. Il mio più grande desiderio è che mia figlia raggiunga la sua felicità ai massimi livelli possibili e se questa passa per essere lesbica allora ben venga. Sarei preoccupatissimo e molto infelice se invece di essere lesbica fosse ladra, assassina, spacciatrice o se si innamorasse di un delinquente.
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