Un nuovo episodio di lesbofobia si è verificato a Pescara lunedì scorso, in piena Pride Week: è bastato l’abbraccio affettuoso tra due ragazze per scatenare l’ira di un uomo, identificato da esse come il guardiano del parco in cui si trovavano. A denunciare l’accaduto sono le associazioni abruzzesi Mazì Pescara e Arcigay Chieti, che in un comunicato congiunto hanno riportato le dichiarazioni della coppia di ragazze.
«Io e la mia ragazza ci siamo sedute ad un tavolino per mangiare una pizza – ha raccontato Mariella (nome di fantasia) – Ad un tratto mi è sembrata molto stanca, così l’ho abbracciata. È stato un gesto spontaneo, premuroso».
A questo punto l’uomo, che era nelle vicinanze con la propria compagna, si sarebbe diretto verso di loro, mettendosi a urlare: «Voi due dovete andare via! Un uomo ed una donna insieme vanno bene. Una donna con un’altra donna no». Mirella avrebbe replicato chiedendo se non fosse possibile dare un semplice abbraccio, ricevendo come risposta: «No, questo è un parco pubblico! Ci sono anche bambini! Fate schifo».
«Ogni nuovo colpo di omo-lesbo-bi-transfobia ferisce tutta la comunità LGBTI+ – affermano le associazioni LGBT+ nel comunicato – Siamo libere e liberi di essere, libere e liberi di amare anche nei Parchi pubblici delle nostre città. Continueremo a combattere la piaga dell’omo-lesbo-bi-transfobia con tutte le nostre forze, perché nessuna persona può toglierci il diritto alla felicità, alle nostre relazioni e all’autodeterminazione».
La legge contro l’omotransfobia va approvata
Mentre la CEI e i fondamentalisti cattolici asseriscono che in Italia non vi sia un allarme omotransfobia, interpretando in modo strumentale alcune statistiche e diffondendo bufale, ogni giorno sulle pagine di cronaca compaiono nuovi episodi di discriminazione basati sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere.
Se Mariella a Pescara non può abbracciare serenamente la propria ragazza al parco, Giuseppe a Bologna non può adottare un cane perché omosessuale, Antonia non può iscriversi come chiunque altro a una scuola privata di Milano perché trans e le ragazze lesbiche non sono le benvenute alla stazione di Molfetta. È questo il “diritto di espressione” che i detrattori del disegno di legge Zan stanno cercando di difendere?
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