A distanza di un anno dalla rimozione della disforia di genere dall’elenco dei disordini mentali da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, il caporedattore de La Verità, Francesco Borgonovo, sostiene in un talk show della rete pubblica che è invece una malattia.
È ciò che è avvenuto ieri sera all’interno di un dibattito del pogramma Porta a Porta dall’anacronistico titolo «Unisex: Futuro o Moda?». Gli ospiti in studio hanno dato vita al solito minestrone di orientamenti sessuali e di identità, ruoli ed espressione di genere, in una discussione guidata senza il dovuto approfondimento dal conduttore Bruno Vespa.
Tra chi quasi si scusava di pronunciare la parola «lesbica» e chi cercava una motivazione al comportamento sessuale fluido dei giovani nell’uso di alcol e droghe e nella carenza di affetto da parte dei genitori, Borgonovo è riuscito a fare di peggio, con delle affermazioni che vanno contro le tesi più accreditate dalla comunità scentifica sui temi della disforia di genere e del transgenderismo.
Allacciandosi a un servizio su Achille Lauro e la sua lotta all’omofobia e alla mascolinità tossica, il giornalista emiliano ha esordito affermando che «il problema non è quando si va sul palco vestito da donna o quando si fa dell’arte» ma «quando questa cosa diventa normativa per tutti e si confondono le identità sessuali». Dopo aver detto l’ovvio sul fatto che essere omosessuali non abbia a che fare con l’essere maschi o femmine, Francesco Borgonovo ha asserito che «ci sono le persone che hanno la disforia di genere, ma sono pochissime ed è una malattia o comunque un disturbo, se lo vogliamo chiamare così, che va seguito e affrontato con gli strumenti necessari».
Se l’intervento del caporedattore de La Verità poteva semplicemente sembrare un errore, arriva pochi istanti dopo il solito misgendering nei confronti delle persone trans: «Non basta un tratto di penna, non basta mettersi un vestito, non basta cambiare il nome sulla carta di identità per essere una donna, perché altrimenti si cancellano tutte le battaglie femminili».
In che modo i diritti delle donne cisgender vengano lesi da quelli delle donne transgender non è stato tuttavia specificato, così come nessuno ha avuto la minima intenzione di contraddire quanto detto da Borgonovo, ma anzi si è andati avanti con altre affermazioni discutibili, a cui ha contribuito lo stesso Bruno Vespa esprimento il suo parere sui Pride: «Io rispetto le scelte, le trasformazioni, rispetto tutto… Non mi piacciono le esibizioni».
Alle porte del Pride Month e della discussione della legge contro l’omotransfobia, questa pagina di televisione ci ricorda quanta determinazione occorrerà per portare una battaglia per rivendicare i tanti diritti LGBT ancora oggi calpestati, passando necessariamente per una rivoluzione culturale che si basa su evidenze scientifiche e non sulle tesi anacronistiche portate in un salotto televisivo che puzza sempre più di stantio.
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