È stata pronta e decisa la reazione dell’associazionismo LGBT+ italiano in seguito a un comunicato di Fabrizio Marrazzo, portavoce del Gay Center, nel quale esprimeva la propria contrarietà a una “sanatoria generalizzata” dei migranti.
La proposta della ministra per le politiche agricole ed esponente di Italia Viva, Teresa Bellanova, vorrebbe mettere in regola 600mila irregolari, in seguito a una carenza di manodopera che si è verificata nel nostro Paese dovuta alle restrizioni per gli ingressi durante la pandemia di Covid-19.
Fabrizio Marrazzo, dichiarando di essersi confrontato con alcuni migranti LGBT che vengono assistiti presso la casa rifugio romana, sostiene che «Una sanatoria generalizzata rischia di equiparare le vittime con i carnefici, gli sfruttati con i caporali e di alimentare il traffico degli scafisti che stanno pubblicizzando l’Italia come terra dai facili permessi, causando cosi altre vittime nel Mediterraneo».
Il portavoce del Gay Center propone, in alternativa, delle «azioni di carattere temporaneo, in modo che poi, una volta finita la crisi, saranno ripristinate le regole», elencando tre punti fondamentali, vale a dire l’assistenza sanitaria per tutti i migranti, l’autorizzazione per farli lavorare fino a fine emergenza e agevolazioni fiscali per l’impiego di tutti i disoccupati (migranti e non).
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Come prevedibile, delle dichiarazioni così lontane dall’orientamento politico dal moviemento LGBT+ italiano, e con delle tesi a supporto al quanto discutibili, hanno trovato spazio nella strumentalizzazione da parte dei sovranisti, con il quotidiano Libero che ne ha estrapolato diversi punti per confezionare un articolo dal titolo “Gli immigrati gay contro la sinistra”.
Nel pezzo a firma di Antonio Rapisarda, il comunicato di Marrazzo veniva interpretato come un «appello della comunità LGBT» e le testimonianze di migranti che sarebbero state raccolte dall’attivista romano venivano generalizzate.
Le reazioni delle altre realtà associative LGBT+
Nelle ore successive, numerose associazioni LGBT+ hanno preso le distanze da quelle parole, firmando un appello dal titolo “Abbiamo una voce e sappiamo usarla”, nel quale veniva sottolineato che «le comunità LGBT+ sono realtà complesse, non riducibili ad un unico portavoce che le rappresenta tutte».
«La scusa di negare i diritti alle persone migranti perché questo favorirebbe i trafficanti è sbagliata e inaccettabile politicamente – si legge nel comunicato – È la stessa logica che sostiene i vergognosi ostacoli ai salvataggi in mare. Noi pensiamo che i diritti e la dignità delle persone vengano prima di tutto. Noi chiediamo che questi diritti e questa dignità vengano tutelati perché attributi inalienabili degli esseri umani».
All’appello si sono unite più di venti associazioni, tra cui alcune che svolgono volontariato al supporto di migranti LGBT+: Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli, Associazione Famiglie Arcobaleno, Associazione Quore, Omphalos LGBTI, Associazione Radicale Certi Diritti, Mixed LGBTI, Arc Cagliari, Antinoo Arcigay Napoli, Agedo Cagliari, ALFI – Associazione Lesbica Femminista Italiana, Coordinamento Torino Pride, Ufficio Nuovi Diritti CGIL Nazionale, Avvocatura per i diritti LGBTI – Rete Lenford, Unica LGBT, MIT – Movimento Identità Transessuale, Cassero LGBTI, Pride Vesuvio Rainbow, Esedomani Terni, Arcigay Reggio Emilia, Ufficio Nuovi Diritti CGIL Sardegna, Gruppo migranti Arcigay Reggio Emilia, Pochos Napoli ASD, Coordinamento Sardegna Pride e ACQUE – Associazione per la Cultura QUEer.
Sulla vicenda è intervenuto anche il segretario generale di Arcigay, Gabriele Piazzoni, che ha ricordato: «Eravamo nei porti a protestare contro l’indegno trattamento che subivano le persone migranti, tenute prigioniere come bestie per settimane sulle navi, al solo scopo di fare propaganda politica, e oggi come ieri siamo a rimarcare che la nostra richiesta ai Governi e alle forze politiche è sempre la stessa, dare un volto, un nome, una dignità alle tante persone che fino ad oggi sono state considerate invisibili».
https://www.facebook.com/CCOMarioMieli/photos/a.720808231279278/3491639830862757/?type=3&__xts__%5B0%5D=68.ARAASsUKgdzkZXpOkAo0wrz3ZfehGDH6OL-lCPnC9oXqMykKja0uuHqB5alvpWrXGdKXzgjfwclK8coIZdkQ8Y13WS357rIdg7bgZgs8-bgH9AwL5ylwHj9RtuUmrn-3RLP77fJ9Hj0q0tB2fmfpAWlbEVXyJgO7b-8WLIge2b0Z4uT0RR4AkZrOkye-1VMZvX0cfE8fahaDqoP5iJWlW0bCpJtTQkFgKnuX-R7n39JVCOSkL6bJe55iIUKCG6hRdNn4OPTGx-XolHBIWUX-pFIUq0NFTxMh5tGmsF2Dk8BIIM-XWYb8syYlN1zEOIPs53lngAt42VavUNEVQT2osvxjQQ&__tn__=-R
La lettera di un ex migrante LGBT+
Una lettera aperta a Marrazzo è stata scritta da Lyas Laamari, vicepresidente dell’associazione Il Grande Colibrì, nonché ex migrante irregolare.
«Probabilmente Lei, caro Marrazzo, non sa che la stragrande maggioranza delle persone sfruttate sono vittime di caporali con cittadinanza italiana naturale o acquisita – scrive Laamari in un articolo – Forse non è informato sulle condizioni di vita di chi, non avendo il permesso di soggiorno, non ha nessun diritto ad affittare regolarmente un posto letto, non può accedere alle cure mediche o alle terapie ormonali se è una persona trans, o semplicemente non può avere la tessera di un’associazione che gestisce una discoteca dove andare a ballare».
«Sostenere pubblicamente di essere diventato il portavoce della comunità migrante LGBT italiana – continua la lunga lettera – mi costringe a sfidarLa pubblicamente a trovare una persona migrante, irregolare ovviamente, che dia credito alle Sue dichiarazioni dicendo di non voler avere un permesso di soggiorno con cui stringere un rapporto lavorativo, anche come bracciante o colf, e di non voler avere un ruolo partecipativo nella comunità in cui vive».
https://www.facebook.com/ilColibriLGBT/posts/2928305527250962
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