Le bio queen o faux queen sono delle artiste donne che adottano il tipico stile della drag queen (intesa come uomo che impersonifica una donna). Come le tradizionali drag queen e gli un po’ meno comuni drag king, anche le bio queen giocano con i tradizionali ruoli di genere per intrattenere e divertire. Potremmo definirle quindi, in maniera del tutto giocosa come “donne che interpretano uomini che interpretano donne”.
Per fare chiarezza su quest’arte relativamente nuova in Italia, ma già conosciuta da tempo negli Stati Uniti, il nostro Roserade ha intervistato Monia, in arte Moonchild, conosciuta sul gruppo Facebook RuPaul’s Drag Race Italy.
L’intervista
Roserade: Chi è una bio queen?
Moonchild: Una bio queen è essenzialmente una drag queen. Non facciamo niente di diverso da loro, a eccezione del tucking (l’arte di nascondere il pene). Non siamo semplicemente “donne”, la drag stessa non si veste da “donna” ma bensì da stereotipo femminile portato all’eccesso. Siamo performer e come forma di espressione abbiamo scelto il travestitismo.
R: In cosa differisce dal cosplay?
M: Drag e cosplay sono due pianeti diversi ma questo non vuol dire che non possano fondersi. Recentemente, per esempio, ho performato in cosplay travestita da Harley Quinn e il pubblico ha molto apprezzato. Tornando alle differenze, un cosplayer non performa necessariamente mentre per una bio queen i playback dovrebbero essere la base. Nel cosplay, inoltre, tu interpreti ogni volta un personaggio diverso, nel mondo drag devi costruirtene uno tuo.
R: Se volevi performare in drag, perché non hai scelto di essere un drag king?
M: Come ho detto prima le drag/bio queen sono un eccesso femminile. Sin da piccola mi sono sentita una principessa e mi sento tale anche ora, non c’è neanche una piccola parte di mascolinità in me, non ne sarei capace!
R: Come sei stata accolta dalla comunità drag?
M: Gli insulti online non mancano mai, ma quello che scrivono i leoni da tastiera per me non conta. Nella vita reale, al contrario, sono stata accolta a braccia aperte da tutte le drag della mia regione, le quali mi hanno supportato e lo fanno tuttora dandomi consigli e incoraggiandomi a migliorare. Sono molto grata di questo.
R: Quanto hanno influenzato i programmi TV la tua passione?
M: Tantissimo! Pensa che se non fosse per RuPaul’s Drag Race non saremmo qui a parlare. La prima volta che l’ho visto avevo 14 anni e ho detto “Questo è ciò che voglio fare da grande”. Era una battuta, ma, ironia della sorte, è quello che sto facendo veramente!
R: Pensi che il drag sia solo intrattenimento?
M: Secondo me sì, ma detto così è riduttivo. Se non fosse stato per questo “intrattenimento” io sarei ancora a piangermi addosso sentendomi sbagliata e fuori posto in mezzo a persone comuni sempre pronte a giudicare. Andare ai drag show mi ha aperto un mondo. Ero circondata da creatività e stranezza, ma mi sentivo a casa e riuscivo per un po’ a dimenticare i problemi.
R: I tuoi sanno che fai drag? Come l’hanno presa?
M: Mia mamma è la mia fan numero uno! Ha una mentalità estremamente aperta perciò questa mia passione non l’ha per niente scandalizzata. Mi ha supportato in tutto, mi ha insegnato a cucire e farmi i costumi di scena e, a volte, prova addirittura le coreografie con me! Ce ne dovrebbero essere di più di genitori come lei.
R: Cosa provi mentre ti esibisci?
M: Questa è una domanda complicata. Quello che provo è una sensazione che non saprei spiegare ma cercherò di farmi capire con il racconto di una cosa che mi è successa. Stavo facendo animazione in una discoteca e avevo finito da poco il mio numero, quando il DJ ha messo “Applause” di Lady Gaga. Per la prima volta mi sono fermata a pensare al testo della canzone e mi sono resa conto di quanto io viva per gli “applausi”. Stare sul palco, con le persone che ti acclamano, ti fa sentire il centro del mondo. Ti senti così vivo che il male ai piedi e il corsetto troppo stretto li dimentichi. Credo sia la stessa sensazione che ha provato Madonna durante la ripresa della famosa scena del balcone di Evita, in cui canta “Don’t cry for me, Argentina” con le mani al cielo e la folla in basso.
R: Per il tuo personaggio hai preso ispirazione da qualcuno?
M: Non da persone ma da due correnti: Kawaii Lolita e Goth Fetish. Potranno sembrare un ossimoro ma io stessa sono una contraddizione vivente! Il mio nome d’arte, Moonchild, si adatta perfettamente a queste sfaccettature.
R: Quanto sei vicina caratterialmente a Moonchild?
M: La mia drag persona è più sicura di sé, biondissima e stupida. Monia e Moonchild non sono molto diverse, forse perché ho iniziato a comportarmi da Moonchild anche nella vita di tutti i giorni! D’altronde “life is a stage”!
Ma può definirsi Drag Queen? A me sembra molto amatoriale come cosa… sarà anche il trucco molto banale e in un certo verso ordinario…
Drag e cosplay sono due cose molto diverse, se ti esibisci da Harley Quinn non sei “drag
Boh
Io non vedo nessuna estremizzazione della figura femminile, ci sono molte vere bio queen italiane che avreste potuto intervistare il cui drag non è solo mettersi un costume, fare una linea di eyeliner più stravagante e ballare su un palco…
Chi è che stabilisce i confini tra cosa è drag è cosa non lo è? Non sono il trucco e il parrucco a rendere tale un’artista, ma è quel che fa. Drag è intrattenere e mandare a puttane i limiti del genere e la ragazza lo fa. Cerchiamo di essere inclusivi come dovrebbe esserlo una comunità arcobaleno. ROSERADE
In che modo manda a puttane i limiti del genere?!?