L’odio sul web è un problema che negli ultimi anni è diventato centrale nel dibattito politico, sopratutto dopo che figure istituzionali come Matteo Salvini lo hanno sdoganato. Dal “vaffa” grillino in poi la situazione è letteralmente sfuggita di mano e sicuramente occorrono delle misure per contrastare questo fenomeno che sfocia nel cyberbullismo, nel razzismo e nell’omofobia.
Una proposta di legge che ha fatto molto discutere è quella di Luigi Marattin di Italia Viva, che costituisce una delle prime battaglie che il partito di Renzi ha scelto di portare avanti. Tale proposta vuole introdurre l’obbligo di registrarsi sui social network tramite un documento di identità, al fine di proibire l’anonimato.
Le falle di questa idea sono però davvero tante, sia per il fatto che varrebbe solo sul territorio italiano che per un limite per la privacy degli utenti. Il discorso della riservatezza diventa ancora più delicato se rientrano nella categoria dei “social network” – come giusto che sia – anche le app di incontri gay. In quanti sarebbero disposti a fornire un documento e al tempo stesso dati estremamente sensibili come l’orientamento sessuale, il proprio stato sierologico e la propria geolocalizzazione in tempo reale? Potremmo dire subito addio a tutte le persone che non si sono ancora dichiarate (magari perché stanno ancora “sperimentando”), per non parlare degli “etero curiosi” e delle persone che si iscrivono per diventare protagoniste di “una storia di alta infedeltà”.
C’è anche da dire che sulle app di incontri il problema degli account fake, detti catfish, ha ulteriori effetti collaterali. In tanti ci avete raccontato nella nostra rubrica QweerTea di aver incontrato delle persone che non corrispondevano alle foto che vi erano state mandate in chat. La cronaca ci racconta poi i casi più gravi, come la recente aggressione omofoba a Dublino di una gang ai danni di un uomo adescato su Grindr. In poche parole siamo di nuovo sulla linea di confine tra la libertà e la sicurezza.
L’intelligenza artificiale come alternativa ai documenti di identità?
Le app di incontri hanno cominciato a porsi la questione e a cercare delle soluzioni a questa problematica. Hornet, dating app con 25 milioni di utenti annuali a livello globale, sta introducendo un processo di identificazione che non richiede nessun documento, ma che utilizza un sofisticato algoritmo di machine learning che cerca di testare l’affidabilità di ciascun utente sulla base delle sue attività e sulle sue interazioni con gli altri utenti. In parole povere, tale algoritmo studia come si comportano gli utenti fake e ne apprende le dinamiche per identificarne degli altri.
Ci sono ovviamente dei limiti: l’algoritmo non è infallibile e agli utenti è data la possibilità di non essere analizzati: in tal caso non disporranno di un particolare badge di verifica. Come fa notare l’app concorrente Growlr: «una volta che inizi a verificare alcuni utenti, crei una sorta di gerarchia sulla tua piattaforma che potrebbe portare a conseguenze non intenzionali per le persone che non hanno fatto coming out».
La questione è davvero complessa e forse non basteranno degli anni per venire a capo della più grande sfida a cui i social network, volente o nolente, dovranno sottoporsi.
Foto copertina: Rai Parlamento
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Problema molto serio, certo se la soluzione di Marattin stia in piedi non lo so, ma internet non può essere un posto in cui ognuno non risponde delle sue azioni e inoltre internet può essere usata dalle dittature per convincere i popoli democratici a votare per partiti antidemocratici attraverso le fake news.