Papa Francesco ha inviato una lettera in cui esprime sostegno al padre gesuita James Martin, da sempre attivo nel sostegno delle persone LGBT+.
Martin è un prete gesuita, consultore dal 2017 del Dicastero vaticano per la Comunicazione. Dal 2016, subito dopo la strage di Orlando, il prelato ha iniziato a interessarsi dei rapporti tra la popolazione LGBT+ e la Chiesa Cattolica. Nel corso degli anni ha organizzato diverse conferenze su come assistere al meglio i cattolici LGBT+. Le ha, quindi, inserite in un libro, Building a Bridge, divenuto rapidamente un best seller.
La missiva, scritta in spagnolo e a mano dal pontefice, è stata resa nota dallo stesso Martin, attraverso un tweet. Papa Francesco l’avrebbe mandata proprio in occasione di un webinar a proposito della sensibilizzazione del ministero cattolico alla tematica LGBTQ, organizzato dal gesuita. «Prego per i tuoi fedeli – scrive il pontefice – Per tutti coloro che il Signore ha posto accanto a te, affinché ti prenda cura di loro, li protegga e li faccia crescere nell’amore di nostro Signore. Tu sei un sacerdote per tutti e tutte, come Dio è Padre di tutti e tutte. Prego per te affinché tu possa continuare in questo modo».
Delle scuse non scuse
Nonostante l’entusiasmo di Martin e il velato sostegno alla sua missione, tuttavia il papa non menziona mai, nella lettera, le persone LGBT+ o il Pride Month. Il pontefice, inoltre, non ha fatto nessun riferimento alla comunità arcobaleno neanche nell’Angelus della scorsa domenica. «Gesù ci chiede uno sguardo che non si fermi all’esteriorità ma che vada al cuore, uno sguardo non giudicante – ha detto Francesco – Finiamo di giudicare gli altri, Gesù ci chiede uno sguardo non giudicante ma accogliente, apriamo il nostro cuore per accogliere gli altri perché solo l’amore risana la vita».
Anche in questo caso, seppur assomigli a un messaggio di sostegno alla comunità LGBT+, non si esplicita nessun riferimento alla vicenda della nota verbale vaticana sulla presunta violazione del Concordato da parte del ddl Zan, che ha avuto il suo nulla osta. Quello che sembrerebbe, quindi, una sorta di marcia indietro dopo l’affaire Zan, risulta, invece, l’ennesima mossa di queerbaiting di questo pontefice.
Il cerchiobottismo di Bergoglio va avanti ormai da anni, alternando frasi come «chi sono io per giudicare un gay» al consiglio di consultare uno psichiatra per i figli omosessuali, per poi rettificare in «professionista». Ricordiamo anche il suo sostegno alle unioni civili, così come l’uscita sull’omosessualità che «sembra addirittura sia di moda». Per non parlare del silenzio del pontefice davanti alla lettera della CEI contro la legge contro l’omotransfobia ancor prima della pubblicazione del testo e al non proferire parola davanti alle gravi affermazioni dei vescovi polacchi contro la comunità arcobaleno. C’è da chiedersi quanto ancora i fedeli LGBT+ sopporteranno questo continuo alternarsi di bastone e carota.
Pope Francis @Pontifex has sent a beautiful letter on the occasion of the Outreach LGBTQ Catholic Ministry Webinar, which happened yesterday, expressing his support for this ministry and encouraging us to imitate God’s “style” of “closeness, compassion and tenderness”… pic.twitter.com/O9nTftoLDi
— James Martin, SJ (@JamesMartinSJ) June 27, 2021
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