Siamo ormai abituati ad assistere alle pegiori dichiarazioni quando in Parlamento c’è una proposta di legge per il riconoscimento e la tutela dei diritti LGBT+. Le peggiori cose le abbiamo sentite, anzi pensavamo di averle sentite, durante la discussione della Legge Cirinnà sulle unioni civili e il disegno di legge Zan è l’ennesimo pretesto per gli esponenti dell’estrema destra e dei cattolici integralisti per motivare le più becere argomentazioni.
Abbiamo ascoltato un improbabile paragone tra la giornata contro l’omo-lesbo-bi-transfobia e il carbonara day. Abbiamo subito l’ennesima bufala che associa la pedofilia all’omosessualità. Ma c’è sempre chi riesce a raschiare il fondo. Carlo Giovanardi, infatti, nel suo editoriale per il quotidiano Libero, chiede: «A pensar male si fa peccato ma molto spesso ci si indovina. Non è che per caso il disegno di legge Zan affondi le sue radici nelle fonti ispiratrici del diritto penale del Terzo Reich?».
Una provocazione, se così si può definire, che ha inevitabilmente portato a delle reazioni di indignazione sui social. «Non tutti lo sanno, ma nel codice penale nazista esisteva un articolo sull’omosessualità: il Paragrafo 175 – spiega in un post Marco Furfaro – A causa di esso, migliaia e migliaia di omosessuali furono deportati nei lager. Qui vennero gasati, sbranati vivi dai cani, torturati, stuprati o usati come cavie in atroci esperimenti. Altri, i più “fortunati”, furono sterilizzati o rinchiusi nei centri psichiatrici. Dopo gli ebrei, in termini percentuali, gli omosessuali furono il gruppo che più di ogni altro conobbe la morte nei lager. Accostare la legge Zan al codice penale del Terzo Reich non è politica, è barbarie».
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