Quando lo chef Carlo Cracco, qualche giorno fa, diceva di darsi una mossa e «mandare in tavola la legge Zan prima di bruciarla», deve aver creato della confusione Paola Binetti, che in una surreale intervista al Corriere, riesce a paragonare la giornata internazionale contro l’omo-lesbo-bi-transfobia al carbonara day.
La senatrice, famosa per essersi resa in passato protagonista di affermazioni ascientifiche e discriminatorie sull’omosessualità (tanto da conquistare un’intera sezione sulla propria pagina Wikipedia), neanche a dirlo, crede che il disegno di legge contro l’omotransfobia necessiti di essere emendato per «evitare che si possa arrivare a fraintendimenti e applicazioni erronee della legge».
Sembra non bastare, a Binetti, l’introduzione dell’articolo 3 in cui viene ribadito, in modo ridondante rispetto a quanto stabilito dalla nostra Costituzione, che «sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte». Così come sembra non essere mai esistita la legge Reale-Mancino – estesa dal ddl Zan agli orientamenti sessuali, al genere, all’identità di genere e alla disabilità – la cui quasi trentennale giurisprudenza dovrebbe togliere qualsiasi dubbio a riguardo.
Tra gli articoli che non piacciono alla senatrice c’è quello relativo all’istituzione di una giornata nazionale contro l’omo-lesbo-bi-transfobia. «Ormai si fanno giornate per tutto, anche per la carbonara», afferma sfacciatamente e, con quel pizzico di benaltrismo che non manca mai nelle argomentazioni dei detrattori della legge, aggiunge: «Comunque penserei prima a istituire la giornata per le malattie rare che colpiscono 2 milioni di persone».
A quel punto, l’intervistatore gli fa notare che secondo i dati Istat le persone omosessuali sarebbero il doppio, ovvero più di 4 milioni, pari al 7% della popolazione. «Cioè vorrebbe dire che in Senato ci sarebbero circa 25 omosessuali? – replica Binetti – Non ci credo». Un’osservazione che evidenzia i limiti in statistica della politica conservatrice, la quale perde un’occasione per osservare quanto la popolazione LGBT+ sia sottorappresentata nelle istituzioni.
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