Terzo governo in nemmeno tre anni di legislatura, ma una discontinuità a Palazzo Chigi: finisce l’era dell’“avvocato del popolo” Giuseppe Conte e arriva l’eurobanchiere Mario Draghi. Restano nella maggioranza tutte le forze politiche che ne erano già parte (MoVimento 5 stelle, Partito Democratico, Italia Viva e Liberi e Uguali), ritorna la Lega, si unisce alla compagnia Forza Italia, più alcuni partiti in precedenza all’opposizione (come Azione di Carlo Calenda e +Europa di Emma Bonino).
Spazio ai tecnoministri, ma non solo
Della squadra del nuovo Presidente del Consiglio saranno parte sia ministri politici espressione di partiti e movimenti, sia ministri tecnici reclutati in parte fra i fedelissimi di Draghi e in altra parte fra gli ambienti che contano.
Riconferme per Di Maio agli Esteri, Lamorgese agli Interni, D’Inca ai Rapporti con il Parlamento, Guerini alla Difesa, Franceschini alla Cultura e Speranza alla Salute. New entries tecniche di peso: Gualtieri fa spazio a Franco all’Economia, l’ex Presidente ciellina della Corte costituzionale Cartabia va alla Giustizia, il prof. Cingolani alla transizione ecologica la quale sarà divisa dalla transizione digitale in mano al (Piano-)Colao. Novità anche alle Infrastrutture e ai Trasporti con Giovannini, il Lavoro per il Vicesegretario PD Orlando, mentre il leghista Giorgetti sarà allo Sviluppo Economico con i compagni di partito Garavaglia al Turismo e Stefani alle Disabilità. Per gli azzurri si aprono le porte della PA con Brunetta, delle Autonomie regionali per Gelmini e del Mezzogiorno per Carfagna. Largo a nuovi docenti all’Istruzione laddove arriva Bianchi e all’Università con la professoressa Messa.
Restano, ma con diverso incarico, Patuanelli alle Politiche Agricole, Dadone alle Politiche Giovanili ed Elena Bonetti alla Famiglia e alle Pari Opportunità. Ecco, proprio la Ministra di Italia Viva è stata designata allo stesso Dicastero che occupava tra luci e ombre prima che Matteo Renzi le ordinasse di dimettersi. Accanto alla conferma, si aggiunge la delega alle Pari Opportunità: un segnale da non sottovalutare in vista della prossima discussione in Senato della legge contro l’omotransfobia. Sul tema, però, si parte male (per l’ennesima volta) a causa di un equilibrio di genere non rispettato: 8 donne entreranno in un esecutivo con 15 uomini, fra queste appena 3 in ministeri con portafoglio.
Le opzioni sul campo per la legge contro l’omotransfobia
Dopo il via libera della Camera dei deputati alla proposta di legge contro l’omotransfobia e la misoginia e l’abilismo, si attende ora il passaggio a Palazzo Madama con una preoccupazione diversa rispetto al passato: non si tratterà di una questione di numeri. Forza Italia ha da sempre dimostrato una certa sensibilità e ora che è in maggioranza avrà una ragione in più per votare favorevolmente. Ciononostante, Draghi ha accolto anche la Lega che, ostile ai diritti poiché amica dei catto-integralisti, rilancerà la questione come “tema divisivo”. Una maggioranza più eterogenea che mai potrebbe accantonare una legislazione in materia di diritti per non rischiare di spaccarsi al suo interno, ancor più perché la campagna elettorale permanente caratterizzerà il tratto conclusivo di questa seconda parte di legislatura.
Ma chissà, forse il Segretario della Lega ha inserito nel suo recente mutamento di pelle anche una diversa visione sull’inclusione.
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