Il chemsex, ovvero usare sostanze stupefacenti mentre si pratica del sesso, è un fenomeno che sta prendendo sempre più piede in Italia. Negli ultimi anni, infatti, gli annunci di chi propone questo genere di esperienze sono aumentati esponenzialmente nelle app per incontri.
Quello che era dapprima un fenomeno isolato, quindi, è diventato una vera e propria dimensione erotica che Angela Infante, conselour presso il Policlinico Tor Vergata, ha voluto analizzare. In “Ragazzi Chimici“, infatti, Infante ha raccolto, grazie alla sapiente penna di Andrea Mauri, dieci storie di chi del chemsex ha fatto il suo mondo.
Leggendo queste interviste può subito notare come il termine chemsex sia andato a delineare un vero e proprio rituale. Solitamente il rapporto sessuale si consuma in festini, i chill, ai quali si entra esclusivamente su invito e previo pagamento delle sostanze da consumare.Il numero di partecipanti ai chill è variabile, così come la loro durata e il tipo di sostanze adoperate. Quel che potrebbe sembrare il frutto di una scelta libera e consapevole, però, nasconde delle insidie.
Spesso, infatti, l’abuso di sostanze stupefacenti può causare dipendenza e aumentare l’incidenza di infezioni sessualmente trasmissibili. L’utilizzo di alcune droghe, come il GHB (meglio conosciuta come la droga dello stupro), la metamfetamina o il mefedrone, porta spesso al craving, ovvero alla necessità consumare sempre più queste sostanze. Per quanto riguarda invece le infezioni sessualmente trasmissibili, questi incontri, senza freni inibitori, portano spesso al non uso di preservativi, con conseguente loro maggiore diffusione.
Ragazzi Chimici, con una scrittura cruda, ci fa scoprire il chemsex raccontato dai suoi protagonisti, tra necessità di continuare a praticarlo e voglia di allontanarsi da questo mondo. La precisa analisi di Angela Infante, infatti, permette di accendere i riflettori su questo pericoloso fenomeno, definito dagli stessi partecipanti «la bottiglia di vino che rende interessante la cena».
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