La vicenda di Jo Conti, il monrealese che ha raccontato di essere stato cacciato via da casa dalla madre Testimone di Geova perché omosessuale, si arricchisce di un nuovo capitolo. Il cantante, infatti, ha deciso di rispondere alla lettera che i suoi genitori avevano scritto per smentire le dichiarazioni di Conti e accusarlo di voler fare pubblicità alla sua canzone che sarà presentata a Sanremo.
In un lungo video pubblicato su Facebook, il cantante racconta nei dettagli la sua vicenda, accusa in maniera diretta sia la madre che la comunità dei Testimoni di Geova e smonta ogni singola vicenda (presuntamente) mistificata dai genitori. Conti, inoltre, ci ha inviato una mail, in cui sottolinea ulteriormente che la madre lo avrebbe voluto dipingere come un carnefice, quando è in realtà una vittima.
«Andrei con ordine ma in realtà è tutto molto più semplice di quello che sembra – scrive – Che le mie parole corrispondano ai fatti lo dimostrano le prove di cui dispongo. I biglietti che mi scriveva mia madre, i ricoveri in ospedale, non sono frutto di un’invenzione, non possono esserlo».
«I miei genitori mi conoscono talmente bene che non sanno nemmeno che il mio unico modo per comunicare è la musica – continua il cantante – È la mia ancora di salvezza, la musica mi ha salvato. Ora che ho trovato il coraggio di cantare la mia storia, arriva l’ennesima pugnalata». Jo si sente tradito dalla famiglia, una famiglia che, a suo dire, mentirebbe per tutelare la comunità religiosa a cui appartiene. «La sua lettera, senza dubbio non è stata scritta da lei – accusa il cantante – ma “supervisionata” da un corpo di anziani dell’organizzazione stessa».
«È importante notare – sottolinea Conti – come nella lettera lei parli sempre al plurale maiestatis, “noi abbiamo”. Io ho parlato di mia “madre” e mai di mio padre che, adesso, dietro pressioni della signora Angela, mi ha abbandonato. Fino a settembre, mio padre è stato presente per ciò che poteva, anche se costantemente rimproverato dalla signora Angela. Lo pressava per abbandonarmi in modo che io sarei divenuto Testimone di Geova pur di non essere solo e senza supporto».
«Ho dovuto prendere provvedimenti – rivela il monrealese – sia per questa diffamazione, sia per gli abusi subiti. Non lo faccio per pubblicità o per soldi, ma per far capire a chi subisce il mio stesso trattamento, che il silenzio fa solo male. Dovete denunciare i maltrattamenti, specialmente se da parte dei genitori. Posso giurare davvero davanti a Dio, contrariamente a loro, che è tutto vero ciò che ho raccontato. Ho prove e testimoni. Loro, invece, stanno cercando solo di chiudermi la bocca e diffamarmi».
Jo Conti racconta le regole impostegli dalla famiglia in un video
Tra le cose raccontate dal monrealese nella diretta Facebook dell’8 gennaio, c’è la lista delle norme di comportamento che gli sarebbero state imposte dalla madre, quelle che, secondo la donna, «a Giuseppe non stavano bene […] e ha deciso di andarsene».
«Mia madre aveva un elenco di regole da rispettare. Regole che nessuna persona sana di mente, a 30 anni, avrebbe potuto rispettare – racconta Jo – Le aveva scritte tipo tavola dei 10 comandamenti perché aveva paura di dimenticarle». Tra queste ci sarebbero state gli orari per alzarsi al mattino e andare a letto la sera, giorni in cui non era possibile uscire (come una sorta di «lockdown casereccio», come lo definisce lo stesso Jo), tipologie di programmi televisivi che potevano essere visti, di effettuare telefonate in casa, di indossare bracciali o collane, di chiudere la porta della propria camera. Ci sarebbe poi stata un’ultima e surreale regola, ovvero quella che in qualsiasi momento potevano essere aggiunte nuove regole senza la possibilità di non accettarle.
Il protagonista della vicenda, ribadisce inoltre la propria versione dei fatti in merito al fatto di essere stato cacciato di casa, affermando che non si è trattata di una sua scelta, come detto dai genitori nella loro lettera. Una sera, tornando a casa dal lavoro, Jo racconta di aver trovato le proprie valigie davanti alla porta, il letto senza più cuscino e lenzuola e tutti i vestiti sistemati sul letto. «Io ritengo che sia un messaggio del tipo: “vai via, vattene”».
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