JK Rowling, diventata un simbolo per il mondo del femminismo radicale trans-escludente, continua a spararle grosse sull’identità di genere. Le sue ultime controverse dichiarazioni sono tratte da un’intervista alla rivista Good Housekiping, che vede l’ennesimo attacco dell’autrice di Harry Potter al mondo transfemminista che da mesi condanna le sue posizioni sul transgenderismo.
«Molte donne sono preoccupate per le sfide ai loro diritti fondamentali poste da alcuni aspetti dell’ideologia [sic!] dell’identità di genere», ha affermato JK Rowling, sottointendeo ancora una volta che i diritti delle donne debbano basarsi sul genere assegnato alla nascita, il cosiddetto “sesso biologico”, e non sulla loro identità di genere. Il femminismo radicale, infatti, vede nell’autodeterminazione delle persone trans e non-binary (tra le altre cose) un pericolo per quegli spazi riservati alle donne, che verrebbero minati da chi si autodichiara appartenente al genere femminile pur essendo un individuo XY.
Fino a qui niente di nuovo, ma JK Rowling prosegue: «Molti hanno paura di parlare perché temono per il loro lavoro e anche per la loro sicurezza personale. Questo clima di paura non serve bene a nessuno, men che meno alle persone trans». Sembra dunque che la premurosa scrittrice cingender pensi di sapere cosa sia meglio per le persone a cui non vorrebbe riconosce alcuni diritti. Ma, soprattutto, Rowling descrive chi la pensa diversamente come una pericolosa minaccia per l’incolumità delle persone che non riconoscono l'”identità di genere”, dimenticando forse le centinaia di persone trans ammazzate ogni anno in tutto il mondo a causa della transfobia, senza contare le condizioni lavorative di buona parte della comunità T*: molte di loro un lavoro l’hanno perso col coming out oppure un lavoro da perdere non ce l’hanno mai avuto.
«Credo che tutti dovrebbero essere liberi di vivere una vita che è autentica per loro e che dovrebbero essere sicuri di farlo – continua l’autrice di Harry Potter – Credo anche che abbiamo bisogno di una conversazione più sfumata sui diritti delle donne e sull’enorme aumento del numero di ragazze e giovani donne che cercano di effettuare una transizione. Alcune delle lettere più strazianti che ho ricevuto provengono da giovani donne che si pentono degli interventi chirurgici irreversibili che hanno intrapreso. Queste storie devono essere raccontate».
Sicuramente il tema della “detransizione” ha motivo di essere affrontato e ci sono storie che meritano di essere raccontate, ma vedere nell’aumento dei coming out di persone transgender qualcosa di negativo non puà che avere radici nella transfobia. Se queste persone oggi riescono a ritrovare la propria identità è proprio grazie all’informazione che viene fatta sul tema – che non è ancora abbastanza – e non per una moda o un’ideologia, come allude la scrittrice. Per ogni persona che si pente del proprio percorso (e andrebbe analizzato ogni caso senza generalizzare) ce ne sono tante altre che grazie a quel percorso oggi vivono una vita migliore o, più semplicemente, vivono ancora.
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