A 38 anni Jo Conti è stato cacciato via da casa perché gay: è accaduto a Monreale (PA), lo stesso comune di un altro uomo allontanato dalla famiglia nei mesi scorsi.
Jo è stato vittima per anni di violenze da parte dei famigliari testimoni di Geova solo perché omosessuale. La madre non poteva accettare un figlio che andasse contro i dogmi della sua religione. I Testimoni di Geova, infatti, rinnegano l’omosessualità come condizione naturale, paragonandola a una perversione.
«Sono stato confinato nella mia stanza per sei mesi – racconta l’uomo alle telecamere di Fanpage – e a far la doccia notturna affinché non mi vedessero in giro». Una vera e propria detenzione per Jo, reo di non essere il figlio che la madre desiderava. «Ho trovato le lettere appese alla porta della mia camera – continua il trentottenne – in cui mia madre mi sollecitava ad andare via di casa e diceva che se non avessi pulito minuziosamente, non mi avrebbe più dato da mangiare».
Minacce che, a un certo punto, sono diventate realtà. «Ho trovato le valigie davanti la porta – racconta Jo – tutti i vestiti tolti dall’armadio buttati sul letto, il letto senza più lenzuola. Più chiaro di così». Un’esperienza traumatica per quel ragazzo che, a trent’anni e senza un lavoro, si è visto abbandonare dalle persone a lui più care. «Ho sofferto di una grave forma di depressione che mi ha costretto a diversi ricoveri ospedalieri – confida – A un ragazzo di trent’anni non puoi dire “devi vivere la tua vita da solo”».
Le violenze, per Jo, non si limitavano alle quattro mura domestiche. Il ragazzo racconta, infatti, di essere stato vittima di omofobia anche da parte di alcuni ragazzi del paese. «Ho fatto anche una denuncia, quattro anni fa – rivela – ma nonostante questo, ad oggi, la mia giustizia non l’ho avuta, perché non c’è una legge che mi tuteli».
Oggi la madre lo riaccoglierebbe in casa, racconta Conti, ma a patto che chieda perdono. «Di cosa dovrei chiedere scusa? – si chiede Jo – Di essere omosessuale e di avere, a suo avviso, oltraggiato o fatto biasimare il nome di un Dio che non mi rappresenta e che non è il mio? Nessuno nasce sbagliato, il problema non è il nostro ma è di chi non ci accetta. Sono loro le persone che realmente sono sbagliate».
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