In molti Paesi del mondo è ancora considerato reato essere omosessuale e questo può rappresentare un enorme pericolo per le comunità LGBT presenti in quei territori. Tra questi vi è il Gambia, Paese africano da cui proviene lo sfortunato migrante che è stato rimpatriato dopo essere arrivato in Svizzera. Una decisione che è costata una condanna da parte della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
Secondo l’articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, infatti, «nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti». E la sentenza di rimpatrio andrebbe a violare, effettivamente, proprio questo specifico concetto.
La notizia giunge nelle stesse ore in cui, nel nostro Paese, il Governo e i relatori del decreto legge sicurezza si sono espressi favorevolmente a un emendamento dell’on. Laura Boldrini e dell’on. Barbara Pollastrini che impedisce il respingimento di richiedenti asilo che rischiano di essere perseguiti nel loro Paese di provenienza.
La vicenda
L’uomo era arrivato in Svizzera nel 2008, all’età di 34 anni e la sua domanda di asilo era stata respinta. Questo perché le autorità svizzere, come spiega il Corriere del Ticino, non avevano creduto al fatto che in patria avesse subito dei maltrattamenti. In seguito, l’uomo era stato condannato a più riprese per estorsione e soggiorno illegale.
Nel 2014 aveva poi registrato un’unione domestica con uno svizzero 66enne. L’anziano, morto l’anno scorso, aveva inoltrato una domanda di ricongiungimento famigliare per il suo compagno Ma, purtroppo, il TF (Tribunale Federale svizzero) aveva dato un parere negativo, confermando la linea tenuta dalla contea di San Gallo. Tenendo conto dei precedenti problemi con la legge del gambiano, Mon Repos aveva infatti valutato l'”interesse pubblico” preponderante in favore all’allontanamento dell’uomo.
Quello che, da parte sua, ricorda la Corte Europea è che, sebbene l’esistenza di una legge che reprime gli atti omosessuali non sia sufficiente a escludere un rimpatrio, lo stesso orientamento del cittadino potrebbe essere scoperto nel momento del ritorno in Gambia mettendolo, quindi, in potenziale pericolo. A questo discorso, nel 2018, il Tribunale Federale aveva replicato dicendo che la rete famigliare dell’uomo sarebbe bastata a proteggerlo e che la situazione dei gay fosse migliorata, nello stato africano, dopo il cambio di governo del 2016.
Strasburgo, però, non ha arretrato di un passo. La Corte Europea ha affermato che prima del rimpatrio la Svizzera avrebbe dovuto assicurarsi che le autorità gambiane avessero la capacità e la volontà di proteggere i loro cittadini da possibili violenze di stampo omofobo. E questo, secondo la Corte, non succede, come dimostrato da varie fonti e dall’avviso del ministero britannico dell’interno. Nella giornata di ieri, quindi, la Corte ha preso la sua decisione condannando la Svizzera con una sentenza che potrà, però, essere ancora contestata entro un arco di tempo di 3 mesi.
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