Nel cremasco le affermazioni di un prete ci riportano indietro di almeno 30 anni, quando l’omosessualità non era ancora stata rimossa dalla lista delle malattie mentali dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Secondo quanto riportato da PrimaTreviglio, durante l’omelia di una messa di metà ottobre, il sacerdote di un piccolo comune della provincia di Cremona ha affermato che «certe associazioni dicono che l’omosessualità non è una malattia, ma basta pagare e dicono quello che si vuole».
«Sappiamo bene come le lobby degli omosessuali siano fatte da gente danarosa» ha aggiunto dal pulpito (in senso sia metaforico che letterale) di una delle più grandi potenze mondiali: la Chiesa. «Io da cristiano do a Dio quel che è di Dio, e a Cesare quel che è di Cesare – ha affermato – Perché, a quel punto, riconosco a quest’ultimo la sua autorità quando è corretta e legittima, quando risponde ai disegni universali e considera l’uomo per quello che è, tenendo conto di quello che il Signore ci ha rivelato».
Intervistato dal medesimo quotidiano locale, il prete ha rincarando la dose, sostenendo che dietro all’omosessualità ci sia «un problema fisico o psicologico» e dichiarando, pertanto, di ritenersi contrario al disegno di legge contro l’omotransfobia, che è poi stato approvato alla Camera successivamente a queste dichiarazioni e che dovrà ora passare dal Senato. La magnanimità del parroco lo porta, però, a precisare che le persone omosessuali non vanno allontanate, ma «aiutate».
«Non c’è una normativa che legifera su terapie riparative, cui immagino che il sacerdote si riferisca quando parla di “aiutare” i gay – ha replicato il presidente Lorenzo Lupoli di Arcigay Cremona La Rocca tramite PrimaTreviglio – Magari lo dice in buona fede ma queste affermazioni, che possono scivolare addosso a persone già strutturate, possono invece fare danni su chi non ha ancora strumenti per avere una consapevolezza sul proprio orientamento o su quello di un figlio, è pericoloso: ci sono ragazzi che tentano il suicidio».
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