I bambini delle famiglie arcobaleno sono più bravi a scuola, lo dice uno studio

Da uno studio condotto dalla Oxford University è emerso che i bambini cresciuti da famiglie arcobaleno ottengono mediamente  risultati migliori a scuola. La ricerca è stata condotta nei Paesi Bassi, i primi a legalizzare il matrimonio egualuitario. I ricercatori hanno estrapolato i  dati da 2.971 bambini con genitori dello stesso sesso (2786 coppie lesbiche e 185 coppie gay) e oltre un milione di bambini con genitori di sesso diverso.

I dati ottenuti hanno evidenziato che i bambini in famiglie omogenitoriali hanno risultati migliori sia nell’istruzione primaria che in quella secondaria. Questo potrebbe essere dovuto a un fattore economico. Mediamente, infatti, le coppie omosessuali sono più ricche, più anziane e più istruite rispetto alla loro controparte etero.

Ciò comporterebbe un ruolo chiave nel processo educativo per la possibilità di avere accesso a istituti più prestigiosi o un maggior interesse nell’educazione scolastica della prole. «Una volta controllato per stato socio-economico, tuttavia, le associazioni positive sono rimaste positive – spiega a UniLad Deni Mazrekaj, autore dello studio –  È probabile, quindi, che anche altri fattori giochino ruoli importanti. Ad esempio, è molto probabile che siano altamente motivati a diventare genitori, date le procedure a cui devono sottoporsi per avere figli».

Altre variabili da prendere in considerazione

Sebbene l’indagine sia stata piuttosto ampia, Mazrekaj ha spiegato che i risultati riguardavano solo i bambini nei Paesi Bassi. Studi simili, negli Stati Uniti, hanno scoperto infatti che c’era poca differenza tra bambini di famiglie omo ed eterogenitoriali.

È importante anche sottolineare che i dati analizzati si riferiscono solo a bambini cresciuti in famiglie omogenitoriali dalla nascita. Le risposte potrebbero variare se prendiamo in analisi bambini che entrano in queste famiglie dopo un divorzio. Le variabili prese in considerazione, poi, sono poche, ma la ricerca potrebbe andare avanti. «Avevamo solo dati sullo stato socioeconomico – dichiara l’autore dello studio –  il resto è solo un’ipotesi e studi futuri dovrebbero affrontare questo problema»