Gino Campanella e Massimo Milani si uniranno a Giarre 40 anni dopo il tragico delitto

Il prossimo 31 ottobre, gli attivisti Gino Campanella e Massimo Milani, che hanno contribuito alla fondazione di Arcigay, si uniranno civilmente e hanno deciso di farlo in un luogo che omaggia uno dei momenti segnanti della storia del movimento di liberazione omosessuale italiano.

Proprio il 31 ottobre di quaranta anni fa a Giarre, in provincia di Catania, furono ritrovati i corpi di due giovani omosessuali uccisi da due colpi di pistola ciascuno e rinvenuti mano nella mano. La vicenda divenne in poco tempo un caso nazionale e il nostro Paese fece per la prima volta, concretamente, i conti con la discriminazione omosessuale.

Da questo doloroso episodio, in segno di sostegno ai due giovani ragazzi, nacque il primo collettivo del Fuori! in Sicilia orientale; dal quale poi sorgerà l’Arcigay, la storica associazione LGBT+ oggi diffusasi in tutta Italia. Ora, in memoria dei due “ziti”, vittime della violenza di una società arcaica, Gino Campanella e Massimo Milani hanno deciso di celebrare la loro unione civile proprio a Giarre.

L’esigenza di ufficializzare in via legale la loro unione nasce dalla separazione che i due hanno subito nei mesi scorsi per via di un ricovero di Gino in ospedale, periodo durante il quale, causa lockdown, Massimo non ha potuto raggiungerlo. Questo evento li ha spinti a decidere di tutelarsi anche dinanzi alla legge.

«Il nostro è un matrimonio inutile e indispensabile – spiega Massimo Milani, attualmente presidente ad honorem di Arcigay – È inutile, perché nulla ormai ci può separare dopo tanti anni vissuti insieme, neanche la morte, forse. È indispensabile perché per due mesi siamo stati separati e isolati l’uno dall’altro. Due mesi durante i quali Gino lottava tra la vita e la morte. Due mesi che lo hanno visto poi miracolosamente risorgere a nuova vita mi hanno fatto cambiare idea. Io questo uomo lo devo sposare mi sono detta. Lo devo sposare per chiudere un cerchio, per vivere una festa rigenerante».

«Non si tratta soltanto di tenere accesa la memoria di un terribile atto di violenza – sottolinea Massimo Milani – ma anche di rendere giustizia ai due ragazzi che forse ci guarderanno dall’alto e troveranno pace e serenità, oggi che un amore tra due persone dello stesso sesso è possibile e vivibile alla luce del sole, anche se non ovunque».

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