Riceviamo e pubblichiamo una riflessione di Massimiliano Piagentini, attivista LGBT+ lucchese di cui abbiamo già parlato per la sua lotta al misgendering sui media, in seguito all’ennesimo intervento da parte di un esponente della Chiesa, vale a dire il vescovo di Lucca Paolo Giulietti, contro il disegno di legge Zan contro le discriminazioni basate sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale e l’identità di genere.
Alcuni giorni fa, nel corso di una rubrica fissa che tiene su una televisione locale, il vescovo di Lucca è intervenuto sul disegno di legge contro l’omotransfobia in discussione in Parlamento.
Che un vescovo, come ogni altro cittadino, possa esprimere la propria opinione su qualsiasi questione, è del tutto ovvio, anche se dovrebbe sempre tenere presente che lo Stato italiano è laico e che la sovranità del Parlamento – organo che rappresenta tutti i cittadini, siano essi credenti, atei o agnostici – non può essere limitata o condizionata da ingerenze ecclesiastiche, dato che vale il principio “libera Chiesa in libero Stato”. Ma, soprattutto, sarebbe necessario che il dibattito su questa questione si svolgesse su dati di fatto, su ciò che il testo realmente prevede, non su bufale.
Il ddl Zan introduce in sostanza delle aggravanti ad un reato già previsto dal codice penale, in modo che le violenze fisiche e verbali (quindi insulti e botte), ai danni di persone gay, lesbiche e trans vengano punite. Un atto di civiltà, paragonabile alla Legge Mancino del 1993 che, tra le altre cose, sanziona chi commette atti di violenza per motivi legati al razzismo.
Una misura urgente e non più rimandabile, dato che ogni giorno la cronaca ci racconta di persone Lgbt picchiate o insultate, come ad esempio il ragazzo gay aggredito alcuni mesi fa in una discoteca di Altopascio. Di questo si tratta, non di altro.
Il Vescovo invece, nella sua omelia televisiva, ha ritenuto opportuno prescindere dai fatti concreti e,
allineandosi a una martellante campagna di disinformazione nazionale, ha spostato la discussione su un tema di fantasia, grottesco: le limitazioni alla libertà di espressione che, a suo dire, deriverebbero dall’approvazione della legge contro l’omotransfobia.Monsignor Giulietti, dagli schermi della più seguita TV locale del territorio, ha affermato senza contraddittorio che «una legge come questa rischia di togliere la necessaria libertà e serenità al confronto delle idee […]. Liberi non di offendere, ma di esprimere anche pareri che siano in contrasto con quelli dell’altro».
Una posizione stravagante: dato che il disegno di legge punisce gli insulti, le minacce e le violenze contro persone Lgbt, quali sarebbero i «pareri in contrasto con l’altro» che l’alto prelato vorrebbe salvaguardare? E poi, perché cambiare le carte in tavola e non dire il vero affermando che questa legge mette «in discussione l’idea di uomo, di persona, di famiglia, di identità sessuale» e che per questo «c’è bisogno di parlare con molta libertà»? Perché Giulietti non indica, testo alla mano, quale parte della legge stabilirebbe quanto da lui denunciato? E chi – e in che modo – starebbe cercando di limitare la sua libertà di parola?
Il confronto tra idee diverse è sempre da ricercare, ma a condizione che sia basato su fatti concreti, non su mistificazioni. Se la Diocesi di Lucca è contraria a una legge che punisce le aggressioni verbali e fisiche ai danni delle persone Lgbt, lo dica apettamente e spieghi per quale motivo, senza accampare pretesti, nascondendosi dietro un dito.
Tirare in ballo, in uno spazio televisivo autogestito, nell’orario di massimo ascolto, fantomatici pericoli per la libertà di espressione, è surreale. Descrivere il tentativo di tutelare l’incolumità di persone costantemente prese di mira come un evento pericoloso, in quanto mosso da finalità prevaricatrici e non dichiarate, è malafede pura.
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