Il principe Manvendra Singh Gohi, erede del maharaja di Rajpipla nello Stato indiano del Gujarat, nel 2006 fece coming out venendo diseredato. Già negli anni passati raccontò delle reazioni del suo popolo, che chiese la pena di morte, e di come i suoi genitori lo abbiano costretto ad andare in terapia di conversione, e persino a chiedere un intervento chirurgico, nel tentativo di assicurarsi che egli diventasse eterosessuale.
In questi giorni, il principe ha rilasciato un’intervista al New York Times in cui ha raccontato il matrimonio, finito, con la moglie e la successiva depressione. In proposito ha dichiarato: «dopo esserci sposati, mi è diventato subito chiaro che non ero interessato alle donne sessualmente, andavamo d’accordo, ma da amici, non provavo la minima attrazione fisica per lei». I due arrivarono dunque al divorzio e scatenando il primo scandalo.
Nel 2013, Manvendra ha conosciuto un giovane americano, lo ha sposato e da quel momento è sceso in campo contro le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e l’identità di genere, e ha già creato 11 anni fa – grazie alle terre possedute e un discreto vitalizio – la Lakshya Trust per i diritti LGBT+, mettendo a disposizione la sua reggia come primo dei numerosi edifici nei quali vuole ospitare chiunque cercherà rifugio per motivi di discriminazione sessuale.
In questi giorni, il principe ha confermato la nascita di una casa nello Stato di Gujarat destinata chi non ha un posto dove andare alla tutela di chi è stato ripudiato dopo aver fatto coming out. Come riporta il Corriere della Sera: «nelle stanze della residenza si terranno corsi di insegnamento professionale per la comunità LGBT. Ci saranno anche consultori sui rischi dell’Aids e assistenza psicologica». In ultimo il principe ha dichiarato: «Io non avrò figli e possiedo una grande casa, per questo ho deciso di metterla a disposizione». Un atto di grande generosità in un momento, come quello della pandemia di COVID-19, in cui ancora di più si sente la necessità di rifugio e tutela.
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