Continua la conta dei giorni di carcere preventivo per Patrick Zaki, lo studente dell’Università di Bologna – ora anche cittadino onorario – detenuto in Egitto con l’accusa di propaganda sovversiva. Dopo 158 giorni di carcere in condizioni disumane, dai molteplici rinvii di 15 giorni si è passati a un rinvio di 45 giorni.
La decisione del tribunale del Cairo indica che per Patrick Zaki è iniziata la fase 2 della carcerazione, in cui i rinvii sono più lunghi: ciò potrebbe andare avanti fino ai 2 anni di detenzione prevntiva previsti dalla legge egiziana.
Sono tante le preoccupazioni per la salute psicofisica dello studente. Oltre a essere stato torturato in seguito alla sua carcerazione, Zaki è asmatico e la sua condizione lo pone a rischio a causa della pandemia di Covid-19. Inoltre, l’impressione è che Patrick sia in carcere anche a causa dei sospetti sulla sua sessualità: alcuni mesi di fa un giornale di Stato aveva condannato il suo attivismo nell’ambito dei diritti LGBT+ e la sua attività di ricerca nell’ambito degli studi di genere.
Un simile trattamento era stato riservato nel 2018 a Sarah Hegazy, arrestata nel 2017 con l’accusa di «promuovere la devianza e la dissolutezza sessuale» dopo aver sventolato una bandiera arcobaleno a un concerto, e rilasciata dopo 3 mesi in seguito al pagamento di una cauzione. La giovane attivista, che in carcere aveva ricevuto abusi e violenze, si è tolta la vita lo scorso 14 giugno.
«La proroga di 45 giorni dell’arresto di Patrick Zaki è uno schiaffo ai diritti umani – scrive Elly Schlein su Twitter – Un’ingiustizia nei confronti di un ragazzo detenuto ormai da mesi senza processo. Una decisione grave che il nostro governo non può tollerare in silenzio. Facciamoci sentire». Anche Laura Boldrini chiede una presa di posizione netta da parte dello Stato italiano: «Con le autorità egiziane le parole non bastano. Servono gesti forti. Stop alla vendita di armi e ritiro del nostro ambasciatore».
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