Sebbene alla vigilia delle elezioni politiche del 2020 sembrava il risultato più probabile, le generazioni più giovani della Polonia aveva sperato di sventare la riconferma del presidente uscente Andrzej Duda.
Il leader del partito di estrema destra Diritto e Giustizia non era riuscito infatti a passare al primo turno e i sondaggi avevano previsto un testa a testa per il ballottaggio. E così è stato, ma con il nefasto esito: Andrzej Duda ha ricevuto 10.394.843 voti (51,22%), contro i 9.901.371 voti del candidato liberale e pro LGBT+ Rafal Trzaskowski (48,78%).
L’omofobia è stata al centro della campagna di Duda, che ha poco prima delle elezioni ha pubblicato una carta della famiglia in cui si impegnava a vietare la propagazione dell'”ideologia” LGBT+ e a “difendere” il matrimonio tra un uomo e una donna. Il presidente ha inoltre promesso di vietare le adozioni da parte di coppie dello stesso sesso nella costituzione.
Delle promesse elettorali che miravano a stuzzicare la parte più anziana e bigotta dell’elettorato, e così è stato dato che ha ottenuto la vittoria grazie alla fascia d’età sopra i 50 anni. Come successo per la Brexit, sono stati dunque gli anziani a decidere le sorti della nazione, trascinando le nuove generazioni in un modello di Paese che non appartiene a questo secolo.
Niente svolta per la Polonia nota ormai in tutto il mondo per le “zone libere da LGBT”. Qualora il presidente deciderà di mantenere le promesse elettorali, che suonano come minacce per le minoranze sessuali, sarà decisivo l’intervento dell’Unione Europea, che nelle scorse settimane aveva già ammonito le istituzioni polacche per le loro politiche non inclusive.
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