Dall’alba dei tempi, l’arte è sempre stata il modo più riconosciuto per esprimere e rappresentare sentimenti e concetti: il nuovo progetto bolognese di street art dal titolo La lotta è FICA riesce a focalizzare, infatti, l’attenzione su un femminismo antirazzista, body/sex positive e ad offrire uno sguardo queer sui generi.
Le opere sono dei poster che sono stati affissi alle colonne dei portici e che intendono ricordare e portare alla luce le lotte femministe (che, a loro modo, si incrociano con le lotte antirazziste), porre dinnanzi al pubblico i corpi delle donne, corpi di persone trans e corpi eccentrici.
Ed è, in questo modo che sulle colonne compaiono i poster dell’illustratrice e fumettista Josephine Yole Signorelli (Fumettibrutti, divenuta famosa grazie anche al suo fumetto P. la mia adolescenza trans), il cui manifesto affronta la feticizzazione di cui sono oggetto i corpi delle persone trans.
Oltre alla sopracitata Signorelli, anche altre 24 artiste hanno voluto portare la propria arte nel collettivo (composto da sole donne) di Cheap Festival, in modo da poter esprimere la propria arte sotto qualsiasi argomentazione (queer, antirazzismo, violenza sulle donne…). Altre due artiste che hanno posto l’attenzione sul mondo queer, sono state Nicoz Balboa, con le “sirene trans”, o Chiara Meloni, con le rivendicazioni del “fat queer activism”.
«Questa pandemia – dichiara il collettivo Cheap sul proprio sito – ha funzionato in vari ambiti come un acceleratore che ci ha imposto un terribile reality check: all’interno di questa crisi, i divari di genere preesistenti si sono dilatati. In uno scenario del genere ripartire dal femminismo cisembra solo un atto di buon senso. Il progetto era in cantiere da gennaio ma non c’e nessuna casualità: stiamo finalmente assistendo ad un cambiamento del paradigma».
Il colletivo parla poi del caso delle statue di Colston e Colombo rimosse in Inghilterra e negli Stati Uniti, mentre in Italia vi è stata una levata di scudi per Montanelli. «Non siamo certe che la difesa del privilegio bianco maschile e coloniale si fermerà alla schiera dei bimbi di Montanelli che si stanno stracciando le vesti, argomentando che lo ‘stupro va contestualizzato’ – ha commentato il collettivo -Temiamo invece che non solo assisteremo a scene indegne del genere ogni qual volta un simbolo dell’oppressione verrà contestato, ma che le stessa situazione si ripeterà quando cercheremo di produrre un immaginario critico in opposizione a quello sopra citato».
Non possiamo assolutamente definirci critici dell’arte ma di una cosa, però, ne siamo assolutamente certi: la lotta al razzismo, omofobia e misoginia non è mai stata così FICA!
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