La Conferenza Espiscopale Italiana (CEI) scende in campo per mettere i bastoni tra le ruote della legge contro l’omotransfobia, il cui disegno di legge è ancora in fase di scrittura e la cui discussione alla Camera è fissata per il mese di Luglio.
Secondo i vescovi italiani, esisterebbero «già adeguati presidi con cui prevenire e reprimere ogni comportamento violento o persecutorio» e si direbbero preoccupati per il ddl Zan in quanto, a loro dire, «non solo non si riscontra alcun vuoto normativo, ma nemmeno lacune che giustifichino l’urgenza di nuove disposizioni». Ma il timore più grande è che tale legge «rischierebbe di aprire a derive liberticide» e «si finirebbe col colpire l’espressione di una legittima opinione, come insegna l’esperienza degli ordinamenti di altre Nazioni al cui interno norme simili sono già state introdotte», senza però specificare quali.
In altre parole, la Chiesa sembra rivendicare il diritto di continuare di indicare l’omosessualità come qualcosa di fortemente negativo e contro natura. Pochi giorni prima della presa di posizione della CEI, il vescovo di Ventimiglia Antonio Suetta ha dichiarato: «La doverosa reazione alle ingiustizie commesse contro le persone omosessuali non può portare in nessun modo all’affermazione che la condizione omosessuale non sia disordinata». Oggi stesso, Corrispondenza Romana parlava in un articolo di «tendenze contro natura», asserendo che «la legge si farebbe garante della liceità (cosa ben diversa dalla tolleranza) di un comportamento oggettivamente contro natura e, conseguentemente, malvagio nella sua ontologia».
Le reazioni della politica e del mondo LGBT+
«Sorprendono le critiche della Presidenza Cei alla legge contro l’omotransfobia, il cui testo unificato ancora non è stato depositato e su cui stiamo ancora lavorando – afferma il primo firmatario del ddl Alessandro Zan tramite GayNews – Lo ripeto per l’ennesima volta a scanso di fraintendimenti: Non verrà esteso all’orientamento sessuale e all’identità di genere il reato di “propaganda di idee” come oggi è previsto dall’art. 604 bis del codice penale per l’odio etnico e razziale. Dunque nessuna limitazione della libertà di espressione o censura o bavaglio come ho sentito dire in questi giorni a sproposito».
Monica Cirinnà è intervenuta sulla questione con un tweet: «Il discorso è semplicissimo: discriminazione e violenza non sono opinioni protette dall’articolo 21 della Costituzione. Di una legge che tuteli la comunità LGBT+ e tutte le persone dai crimini d’odio c’è molto bisogno. Si approvi in fretta la legge contro l’omofobia, con coraggio».
«Spiace molto la reazione dei vescovi contro la legge sull’omotransfobia in discussione alla Camera – ha aggiunto Simone Verni (M5S Lombardia) chiedendo la discussione della legge regionale in un comunicato stampa – Sul tema del contrasto alla discriminazione per orientamento sessuale e identità di genere c’è ancora molto lavoro da fare a tutti i livelli istituzionali. Invito i vescovi a rileggere l’enciclica “Laudato Si” di Papa Francesco, a cui ricordo le Sue parole, pronunciate il 20 maggio all’udienza papale: “il creato porta la firma di Dio e va rispettato».
Dure le parole di Arcigay tramite il segretario nazionale Gabriele Piazzoni. «Già in passato, le gerarchie ecclesiastiche si sono schierate clamorosamente dalla parte dei violenti, copendo crimini agiti spesso proprio da chi vestiva l’abito talare – afferma in una nota – E la storia ci ha mostrato che i pastori che proteggono i violenti fanno estinguere il gregge. L’auspicio è che le parti più sane delle istituzioni cattoliche, quelle che combattono veramente la violenza, sappiano correggere questa deriva e smentire nei fatti le parole dei vescovi».
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