Ha fatto discutere e indignare tutta Italia il manifesto funebre con il dead name (vale a dire quello maschile assegnato alla nascita) di Alessia Ortense, la 46enne transgender morta prematuramente settimana scorsa all’Ospedale Civico di Pescara. Ma quello che sembrava l’ennesimo caso di rifiuto dell’identità di genere della figlia da parte dei genitori, in firma al manifesto, sarebbe tuttavia stato un errore da parte di una terza persona.
«Non abbiamo avuto nessun ruolo nella scrittura dell’unico manifesto funebre affisso che è stato il frutto di un gesto di buon cuore in favore della nostra famiglia che versa in gravissime condizioni economiche – hanno spiegato la madre e il padre di Alessia Ortense a Il Messaggero – Senza l’intervento di questa generosa persona, che purtroppo non era a conoscenza della trasformazione di Alessia, la nostra amata figlia e sorella non avrebbe avuto alcun manifesto e soprattutto non avrebbe avuto alcun funerale».
Per i genitori della defunta, si tratta di un «errore totalmente in buona fede» dato che sul certificato di morte, così come all’anagrafe, era riportato ancora il dead name, circostanza che ci fa riflettere su quanto sia necessario un intervento del legislatore al fine di potersi autodefinire e autodeterminare senza passare da un tribunale. Alessia era infatti una donna a tutti gli effetti e la famiglia aveva accettato serenamente la sua idenità, tant’è che avevano fornito una foto in cui loro figlia aveva un’espressione di genere femminile, «la più bella tra le foto ritraenti Alessia». Ora i due signori chiedono le scuse di chi li ha attaccati senza prima chiedere loro delle spiegazioni.
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