Mentre alcuni Paesi come la Germania e l’Albania fanno dei grossi passi avanti nel contrasto alle terapie di conversione all’eterosessualità, note come terapie riparative, dall’India giunge la triste notizia di un suicidio legato a questa pratica disgustosa e ascientifica. Come riporta l’Hindustan Times, lo scorso 12 maggio, la 21enne attivista Chinnu Sulfikar, originaria del Kèrala, è stata trovata morta a Goa, dopo che sarebbe stata spinta dalla sua famiglia, con cui aveva fatto recentemente coming out, a sottoporsi alle terapie riparative per modificare il suo orientamento sessuale.
Non è del tutto chiaro cosa abbia portato Chinnu a compiere quel gesto, ma aveva sicuramente passato da poco un brutto periodo, in quanto era precedentemente in cura per la sua depressione. Poi, a marzo, la giovane studentessa aveva raccontato su Facebook che sarebbe stata obbligata a recarsi in alcuni centri di disassuefazione, dove le sarebbero stati somministrati per tre mesi dei pesanti farmaci contro il suo consenso. Dopo il tentativo fallito di farla “diventare” eterosessuale, la ragazza era andata a Goa con alcuni amici ed era rimasta bloccata lì per via del lockdown, prima di scomparire.
Oltre il danno, anche la beffa. Dopo la sua morte, delle persone stanno commentando gli ultimi post pubblicati da Chinnu su Facebook con dei meme in cui vengono affiancate due foto della ragazza deceduta per fare del becero sciacallaggio: nella prima indossa un abito tradizionale e un aspetto canonicamente femminile, nella seconda indossa una canotta e ha un look queer e decisamente più occidentale. In alto, una scritta mette la sua scomparsa in relazione al suo essere diventata femminista e comunista.
Le terapie di conversione in India
Così come l’OMS e l’ordine italiano degli psicologi hanno espresso la loro contrarietà alle terapie riparative, anche l’Indian Psychiatric Association non riconosce tale pratiche in quanto «non esistono prove a sostegno della convinzione che l’omosessualità sia una malattia mentale o una malattia». Tuttavia, come nel nostro Paese, in India non esiste una legge che vieti le terapie riparative.
Lo psichiatra indiano Soumitra Pathare ha però sottolineato che «sebbene nessuna disposizione vieti la terapia di conversione, è una chiara violazione della legge». Infatti, il Mental Healthcare Act del 2017 afferma che non è possibile obbligare una persona adulta a sottoporsi a una terapia contro la sua volontà, a maggior ragione se non è riconosciuta dalla scienza.
Vietare le terapie riparative in Italia
In una recente indagine condotta da NEG Zone, è emerso come le terapie di conversione vengano tutt’ora imposte ai giovani che non vengono accettati dai propri genitori per il loro orientamento sessuale o per la loro identità di genere, che vengono quindi sottoposti a terapie dell’avversione o a riti medievali, come l’esorcismo.
Il divieto di tali pratiche in Germania ha dato una scossa al dibattito sul tema anche nel nostro Paese, con un’iniziativa di Possibile LGBTI+ appoggiata da numerose associazioni e attivisti impegnati nella tutela dei diritti delle persone omosessuali, bisessuali, transgender, intersessuali e asessuali. A tal proposito, è possibile firmare una petizione su AllOut.
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