Nelle ultime ore l’ANSA e, di conseguenza, svariate testate giornalistiche e blog italiani stanno annunciando con titoli entusiastici un fatto che, se vero, avrebbe dell’incredibile: in Tunisia sarebbe stato riconosciuto per la prima volta un matrimonio tra due persone dello stesso genere.
A rendere nota la vicenda, tutta da verificare, è l’associazione LGBT+ non governativa Shams, che comunica la registrazione all’anagrafe del Paese arabo di un matrimonio avvenuto in Francia tra un 31enne francese e un 26enne tunisino.
La notizia, in netta contraddizione con l’art. 230 del codice penale che prevede fino a 3 anni di reclusione per gli atti omosessuali, è giunta durante il primo giorno di Ramadam, scaldando gli animi e alcuni parlamentari non hanno perso tempo a smentire quella descritta da tanti come una «svolta storica».
In un post Facebook, il deputato Yosri Dali scrive: «Come ci aspettavamo, dopo aver chiamato il ministro degli affari locali, e la sindaca di Tunisia, neghiamo la designificazione di qualsiasi matrimonio omosessuale in Tunisia». Dali aggiunge poi che quello di Shams sia un tentativo per trascinare le persone nel loro «sito marcio» per contaminare l’«identità araba islamica».
L’associazione LGBT+ italiana Il Grande Colibrì invita tutti alla massima prudenza. «Nei prossimi giorni la situazione dovrebbe chiarirsi – scrive l’attivista Pier Cesare Notaro sul sito – ma per il momento la notizia deve essere trattata con le pinze: non solo non c’è nessuna certezza che ci sia qualcosa di vero e non sono per nulla chiare le circostanze del presunto riconoscimento delle nozze, ma soprattutto la grande enfasi sulla notizia potrebbe produrre grandi danni».
La diffusione della notizia, che ha come unica fonte il post di Shams e quindi potrebbe trattarsi di un errore compiuto all’anagrafe o di una semplice fake news, rischia la strumentalizzazione da parte delle forze politiche omofobe, che in passato hanno già reagito con un’ulteriore oppressione delle minoranze sessuali. Tant’è che, dai toni usati dai parlamentari e dalla reazione dei cittadini tunisini sui social, il clima è tutt’altro che quello di una svolta storica a favore dei diritti LGBT+.
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