È passato circa un anno e mezzo dal giorno dell’incidente stradale tra Michele Bravi e una donna di 58 anni, morta alla guida della sua moto. Un fatto che oltre ad avere conseguenze di tipo penale, ha scosso il cantante. Con un’enorme paura di impazzire, Bravi ha deciso di sottoporsi a una terapia, la Eye Movement Desensitization and Reprocessing (EMDR), che per mesi lo ha aiutato col trattamento dello stress post-traumatico e a ritrovare la lucidità necessaria per affrontare l’inferno giudiziario e morale attorno a lui.
L’inizio del trattamento non sarebbe stato possibile, se Michele non si fosse lasciato convincere da un ragazzo che lo ha costretto a frequentare la EMDR e che gli è rimasto accanto lungo tutto il processo di cura. «È un ragazzo – racconta il cantante in un’intervista a Vanity Fair – che è stato lì con me e mi ha fatto capire la responsabilità di dover risolvere un dolore del genere. Mi ricordo che ho provato moltissima rabbia. Pensavo non potesse capire e oggi mi chiedo cosa mi sarebbe successo se non mi avesse obbligato».
Una persona di cui Michele era innamorato ma che, purtroppo, si è allontanata dalla sua vita a Febbraio 2020. «Non è stata una scelta – precisa il giovane cantautore – Non poteva restare in Italia. Se ho trovato un orientamento nel buio è solo merito suo. Mi ha indicato la terapia, mi ha accompagnato, ha fatto in modo che potessi proseguire da solo».
Michele Bravi ha spiegato che quello stesso ragazzo gli ha, poi, raccontato la sua storia passata: «Aveva sperimentato un dolore forse ancora più grande del mio e non lo sapevo. Non avrei neanche potuto sospettarlo. È una delle persone più equilibrate che io abbia mai conosciuto e mi sono sentito in colpa per tutte le cattiverie che gli avevo detto. Ora non tornerà più… ma forse è giusto così, non posso tenerlo legato. È il mio modo di ridargli il bene ricevuto».
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