Giù le mani dagli “eteroflessibili”

Eteroflessibile: è questa una delle parole che, in seguito alla pubblicazione di alcuni articoli su siti d’informazione LGBT+ e non, hanno contrariato la comunità Bi+ in primis, che ha accusato Gay.it di bi-erasure, ma anche quella omosessuale che in una sorta di déjà-vu si è ritrovata a fare i conti con coloro che sembrano la versione 2.0 dell’etero curioso. Ma di cosa si tratta? Le definizioni che si possono trovare qua e là sul web sono piuttosto approssimative e fuorvianti: esse intendono l’eteroflessibilità come una via di mezzo tra l’eterosessualità e la bisessualità oppure un’eterosessualità prevalente corredata da una minore componente omosessuale.

L’eteroflessibilità non è propriamente questo, hanno ragione le persone bisessuali a parlare di bi-erasure sulla base di tale definizione, ma sbagliano quando si accaniscono contro questo termine, che non è un fenomeno pop o social come la parola petaloso. Di individui eteroflessibili se ne parla infatti in letteratura scientifica, sebbene in altri termini. Uno studio estremamente interessante è stato pubblicato alcuni mesi fa sulla rivista internazionale Archives of Sexual Behavior, in cui si spiega perché l’introduzione di questo “quarto” orientamento sessuale possa essere utile sia per i cosiddetti eteroflessibili che per le altre minoranze sessuali.

La prima precisazione che i ricercatori Nicole Legate e Ronald D. Rogge fanno è che l’orientamento sessuale non è qualcosa di unidimensionale, ma che si può sintetizzare in almeno tre differenti dimensioni: l’identità sessuale, l’attrazione sessuale e il comportamento sessuale. Nel primo caso, parliamo del modo in cui ciascuna persona si identifica, potremmo dunque rimanere nell’ambito delle etichette più tradizionali dell’eterosessualità, dell’omosessualità e della bisessualità, che possono essere influenzate dal background sociale e culturale, oppure dalla famosa scala Kinsey. L’attrazione sessuale indica invece quanto si è attratti da una persona del proprio genere o di un altro genere, mentre il comportamento sessuale stabilisce se effettivamente si hanno o meno rapporti con un genere o un altro.

Nella maggior parte dei casi, queste tre dimensioni viaggiano di pari passo, ma ciò non vale per tutti. Ed è in alcune delle possibili combinazioni che troviamo l’eteroflessibilità, vale a dire quando a un’identità sessuale totalmente o prevalentemente eterosessuale viene abbinata una modesta attrazione verso le persone dello stesso genere o un comportamento sessuale che le vede coinvolte.

A questo punto vi starete chiedendo: era così necessaria una nuova e così contorta etichetta? I ricercatori di questo studio pensano di sì e ci sono diversi motivi. Il primo è che all’interno a diversi campi di ricerca, viene considerata soltanto l’identità sessuale (ad esempio quando si vuole contare la presenza di persone lesbiche, gay o bisessuali in una popolazione) o il comportamento sessuale (in ambito medico si parla di MSM – uomini che hanno rapporti sessuali con altri uomini), portando a discrepanze nei risultati ottenuti nei vari studi. In secondo luogo, è emerso che gli eteroflessibili, che solitamente si identificano come eterosessuali, soffrono come i bisessuali il minority stress, mentre in ambito sessuale hanno comportamenti a rischio paragonabili a quelli delle persone omosessuali; si differenziano dunque per caratteristiche e comportamento da tutti gli altri tre orientamenti sessuali.

Un’altra ragione per cui l’eteroflessibilità dovrebbe essere introdotta è di tipo politico: limitando il mondo LGBT alle etichette tradizionali, vengono tenuti fuori gran parte degli eteroflessibili, che appartengono anch’essi una minoranza sessuale e, in quanto tali, necessitano di interventi e servizi di cui dovrebbe farsi carico lo Stato. Attribuire a questi individui l’etichetta di “bisessuale”, nella quale non si riconoscono, significa escluderli. Tenendo in considerazione che è risultato “eteroflessibile” il 15% del campione intervistato nello studio di Legate e Rogge, si tratta di una fetta di popolazione che sarebbe bene comprendere meglio e tenere in considerazione.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *