«Io sono single». Bastano, di solito, queste tre parole per far scattare sul viso dei nostri interlocutori quell’espressione corrucciata che racchiude, tutte assieme, tristezza, impotenza, commiserazione, dispiacere e un’elevatissima dose di pietà.
Ebbene sì, nell’anno domini 2020, nonostante le macchine sappiano parcheggiare da sole e si possano intessere stimolanti conversazioni persino con la lavatrice, non avere un compagno o una compagna è ancora avvertito come un qualcosa di patologico, di sbagliato o di incompiuto. E una delle cose più divertenti è che, nella stragrande maggioranza dei casi, questi esperiti antropologi laureatisi all’Università della vita, non si limitano a guardarci come si farebbe con un gattino tratto in salvo da un incendio, no, si spingono oltre, chiedendoci anche: «Ma come mai?».
Ora… ci rendiamo conto che, evidentemente, durante il lungo processo evolutivo abbiamo perso, per strada, non solo la coda ma anche qualche rotella? Sì, ok, la prosecuzione della specie è un istinto primordiale e una legge biologica insopprimibile ma, e non so se qualcun altro lo ha notato, siamo già in 7,7 miliardi su questo sovraffollato pianeta! Il fatto che qualcuno resti single, sinceramente, è una cosa positiva, non viceversa.
La verità è che non bastano più semplicemente «calma e sangue freddo» (qualcuno lo dica a Dirisio), oggigiorno serve una pazienza sovraumana, proprio perché siamo costretti ad avere a che fare, tutti i giorni, con i nostri simili. Evidentemente hanno, in tantissimi, preso alla lettera quella storia della metà della mela e sono quindi inclini a pensare che, un uomo o una donna non accompagnati, anche se maggiorenni, siano solo un tassello di un puzzle più grande o un bullone in cerca del suo dado.
Non tutti credono che la vera felicità sia svegliarsi, ogni giorno, con qualcuno accanto. Non tutti amano andare a fare la spesa il sabato mattina con l’amore della propria vita a seguito. Non tutti sono persuasi che l’unico scopo dell’esistenza sia quello di sposarsi, accendere un mutuo, sfornare quattro figli, comprare una station wagon e litigarsi il Natale da mamma ad anni alterni.
No, single non è meglio, ma è sicuramente anche bello, e pensare di conoscere le preferenze o le propensioni altrui è, in fondo, solo un limite mentale che banalizza una realtà fortunatamente più complessa, più colorata e più articolata. Ogni diversità, purché lecita e sana, merita di essere rispettata, e se essere “singoli” viene visto, ancora, come qualcosa di strano, beh, evidentemente c’è un bisogno di un update che ci trasporti, anche culturalmente, nel III millennio.
Leggi anche:
-
«Non credo nei matrimoni dello stesso sesso, ma non voglio creare una frattura con mia sorella»
-
Josh & Franco: padre e figlio si scoprono gay e lo raccontano in un podcast
-
Tarantina Taran: per la prima volta un femminiello su Vogue Italia
-
«Sono nato sordo, ma oggi finalmente sento il mondo»
-
Dai lesbodrammi alla famiglia (arcobaleno): intervista a Rosy Di Carlo, aka Diva&Lesbica
1 thought on “Single Pride: mezza mela al giorno”