Un gruppo di ricerca è riuscito a cancellare del tutto il virus dell’HIV

Shock and kill: quello che suona come il nome di una strategia militare è, invece, un protocollo scientifico che sembrerebbe poter cancellare del tutto il virus dell’HIV dall’organismo. Frutto del lavoro di ricerca della Emory University di Atlanta, lo studio pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Nature spiega come far uscire il virus dai suoi nascondigli e renderlo visibile e quindi attaccabile dagli anticorpi monoclonali.

Nonostante la terapia con farmaci antiretrovirali (ART) sia, al momento, la migliore strategia disponibile per limitare l’estensione dell’infezione e azzerare la possibilità di contagio, alcuni virus possono “nascondersi” in particolari cellule dormienti (le CD4) e risultare così invisibili al sistema immunitario. Quando si interrompe l’ART, questi “serbatoi virali” si riattivano, riscatenando l’infezione e dando nuovamente la possibilità al virus di contagiare l’organismo.

La teoria dietro “shock and kill” si suddivide in due fasi. La prima coinvolge farmaci in grado di implementare l’espressione genica del virus (shock); quindi, in seconda istanza, questi “serbatoi” resi visibili e quindi vulnerabili, vengono attaccati dal sistema immunitario e dai farmaci anti-HIV (kill). Lo studio, diviso in due ricerche complementari (dal titolo Systemic HIV and SIV latency reversal via non-canonical NF-κB signalling in vivo e Robust and persistent reactivation of SIV and HIV by N-803 and depletion of CD8⁺ cells), è stato effettuato su ratti “umanizzati”, ovvero animali con cellule umane, infettati con HIV, e su macachi infettati con un virus HIV-simile (SIV). Entrambe le specie sono state sottoposte ad ART e quindi ad un trattamento atto a cancellare definitivamente il virus dall’organismo.

Nonostante i promettenti risultati, ancora non si è dato il via alla sperimentazione sugli esseri umani, per cui la strategia “shock and kill” resta, per ora, un concetto teorico e non una terapia comprovata. Stabilire delle evidenze scientifiche di correlazione tra la sua capacità di eliminare i “serbatoi virali” e il portare un effettivo beneficio alle condizioni cliniche dei pazienti sarà un duro lavoro, tenendo conto, soprattutto, del fatto che non si conoscono ancora gli effetti secondari di questa operazione biotecnologica.