Ecco i contenuti della proposta di legge regionale che sfiderà la maggioranza sovranista
Ha un sesto degli abitanti dell’intera Italia, una produzione industriale che genera un PIL da stato del nord Europa e vanta degli amministratori locali in grado di realizzare i servizi tra i più efficienti del nostro Paese, eppure la Lombardia esprime una delle classi politiche regionali peggiori d’Italia. Devastata dai continui scandali, da ultimo quello che ha coinvolto in settimana l’Assessore Galli, è governata da 25 anni da un centrodestra che ha espresso tutte le tipologie dell’avversione al mondo LGBT+: la «repressa» Formigoni, l’orgoglioso Maroni e l’intollerante Fontana. La Lombardia ha bisogno di uscire dalla spirale di risentimento e di discriminazione per avviare una nuova stagione che le permetta di uscire dal Medioevo dei diritti nel quale i sovranismi di ieri e di oggi intendono tenerla.
A che cosa servirebbe questa legge?
La proposta di legge regionale nasce con il chiaro obiettivo di eliminare tutti gli ostacoli che generano discriminazioni dirette e indirette per orientamento sessuale e identità di genere. Una proposta poliedrica che andrebbe a intervenire in più ambiti regionali quali il lavoro, l’istruzione, la sanità, l’informazione e la cultura, così che l’accoglienza, le pari opportunità e la cultura del rispetto orientino la pubblica amministrazione e siano finalmente valori condivisi.
Qualora fosse approvata, la Regione promuoverebbe e sosterrebbe percorsi di inserimento e di integrazione sociale per le persone discriminate o esposte al rischio di esclusione sociale per motivi derivanti dall’orientamento sessuale o dalla identità di genere. Tutti gli organi regionali sarebbero chiamati ad adottare modalità di linguaggio e di comportamento, in tutti i rapporti d’ufficio e di servizio, ispirati al rispetto per ogni orientamento sessuale o identità di genere, anche con corsi di formazione interna.
Nella concessione di finanziamenti, benefici e vantaggi economici alle imprese la Regione considererebbe titolo di preferenza l’adozione degli standard di certificazione etica “Social Accountability (SA) 8000”, il primo standard internazionale che misura e certifica il grado etico e la responsabilità sociale di un’azienda: riduzione dello 0,5% dell’IRAP alle imprese che adottano la certificazione. La Regione, inoltre, realizzerebbe e promuoverebbe iniziative di informazione e formazione per studenti, genitori e docenti sulla prevenzione della violenza fisica e psicologica, sulla gestione non violenta dei conflitti e sul rispetto di ogni differenza, etnica, religiosa, di genere, d’identità di genere e di orientamento sessuale: unico scopo assicurare a ogni persona, indipendentemente dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere, il diritto all’uguaglianza delle opportunità e alla non discriminazione nell’accesso ai percorsi di istruzione, istruzione superiore, formazione professionale e inserimento nel mondo del lavoro.
Sul fronte cardine della sanità, l’Amministrazione regionale realizzerebbe strutture sanitarie specializzate nell’assistere le persone con disforia di genere per affiancarle nel percorso di adeguamento dell’identità fisica all’identità di genere. Un ruolo centrale lo avrebbe anche il Co.Re.Com. per effettuare la rilevazione sui contenuti della programmazione televisiva e radiofonica regionale e locale, eventualmente discriminatori rispetto alla pari dignità riconosciuta ai diversi orientamenti sessuali o identità di genere della persona e garantirebbe adeguati spazi di informazione ed espressione in ordine alla trattazione delle tematiche oggetto della proposta di legge; ne deriverebbe un chiaro sostegno a iniziative contro le discriminazioni promosse da Istituzioni di parità, Enti locali, parti sociali e associazioni.
Tutti gli enti regionali, nell’ambito delle rispettive competenze, favorirebbero la produzione e l’offerta di eventi culturali e forme di socializzazione aperte alle diverse realtà esistenziali, così come caratterizzati, tra l’altro, dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere. Il Difensore regionale interverrebbe nei casi di discriminazioni motivate dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere. Si darebbe attuazione al principio in base al quale le prestazioni erogate al pubblico non possano essere rifiutate né somministrate in maniera deteriore per cause adducibili a discriminazioni. Infine, la Regione si doterebbe di un Coordinamento tecnico sulle discriminazioni per raccordare le azioni e le misure attuative del progetto di legge, favorire lo scambio di informazioni e buone pratiche all’interno dell’Amministrazione regionale e svolgere funzioni di monitoraggio, verifica e osservazione.
L’allarme odio in Lombardia
Del resto, non mancano gli episodi a testimoniare quanto sia alto il livello di odio presente nella Regione, come del resto nell’intero Paese. Era il 15 ottobre scorso quando NEG Zone raccontava che a Lecco Sabrina Di Biase, 34enne dipendente dell’Ospedale Manzoni e prossima alle nozze con la propria compagna, ha trovato sul suo armadietto la scritta: «Fuori di qua lesbica!». Difficile dimenticare i tweet omofobi e razzisti di un presidente di commissione alla maturità, designato quest’estate per due classi del liceo scientifico “Copernico” di Pavia. In Brianza, sempre quest’anno, di fronte alla recensione negativa di un cliente: «Del tuo bar salvo solo la location», la replica del barista era stata: «A me i gay fanno rigurgitare». A Milano la provocazione estremista dei militanti di estrema destra di Blocco Studentesco che hanno imbrattato la strada davanti l’ingresso del liceo scientifico Severi con la scritta: «È inutile giustificarli con la biologia. I fr*ci non sono naturali» che poi ha avuto una geniale trasformazione. E potremmo andare a ritroso per ore, ahinoi.
In memoria di Iolanda
Questa legge viene da lontano ed è dedicata alla memoria di Iolanda Nanni, Consigliera regionale e poi Deputata della Repubblica; scomparsa nell’agosto 2018, era stata la prima a proporre e sostenere, fuori e dentro il MoVimento 5 stelle, questo progetto. Un rapido iter di approvazione rappresenterebbe, agli occhi dei proponenti, un risarcimento morale e civico a una comunità, quella LGBT, che ha dato tanto al Paese e alla Lombardia senza ricevere il rispetto e l’attenzione che merita. Questa Lombardia deve infatti delle scuse alla comunità LGBT+: la scritta «family day» sulla facciata del Pirellone, il finanziamento al telefono amico antigay di qualche anno fa e i “no” al patrocinio dei pride non sono elementi accidentali, ma una ferita alla dignità di migliaia di persone.
In memoria di Iolanda. Per tutti i lombardi, magari un giorno per tutto il Paese.
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