Sono dati scomodi per il mondo cattolico quelli del recente report ISTAT riguardante i matrimoni e le unioni civili in Italia nel 2018. Per la prima volta nella storia del Bel Paese il numero di matrimoni con rito civile ha superato il numero di quelli in Chiesa: il 50,1% contro il 49.9%, che diventa uno spiazzante 63,9% a 36,1% nel Nord Italia.
Se, in generale, i matrimoni registrano un aumento (+2.3%), c’è un calo delle unioni tra persone dello stesso sesso, vale a dire delle unioni civili, rispetto all’anno precedente. Un dato che Mario Adinolfi commenta sui suoi canali social: «Crolla il numero delle unioni civili tra Lgbt: erano state 4.376 nel 2017, sono appena 2.808 nel 2018. In un contesto dove tutto è giudicato dalla moda, si può ben dire che la legge Cirinnà non è più trendy».
Da un punto di vista statistico è a dir poco fazioso confrontare i numeri del 2017, quando migliaia di persone in tutta Italia hanno finalmente coronato il sogno che la legge gli aveva proibito fino a quel momento, con quelli del 2018, in cui finita la fase transitoria la legge Cirinnà era ormai entrata “a regime”. Chi si è sposato l’anno scorso, ha presumibilmente preso questa decisione uno o due anni prima, mentre chi lo ha fatto tra il 2016 e il 2017 lo avrebbe fatto volentieri nel 2015, nel 2010 o nel 2005 se gli fosse stato concesso.
Se, infine, dal piano analitico passiamo a quello umano, non ci sono diritti trendy o demodè, ci sono solo dei diritti umani che anche la più piccola delle minoranze merita che gli si vengano riconosciuti. “Caro” Adinolfi, hai avuto tutto il tempo per digerire la cosa, ora fattene una ragione.
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