Continua a Torino il nostro percorso attraverso le Case arcobaleno d’Italia, veri e propri appartamenti che rappresentano una scialuppa di salvataggio per chi ha deciso di manifestare pubblicamente il proprio orientamento sessuale, ma ha dovuto affrontare il rifiuto della propria famiglia. Situazioni che spesso, dall’oggi al domani, creano distanze incolmabili nel tempo, destinate a separare legami e generare un vuoto affettivo senza pari.
A partire dalla fine dello scorso anno anche Torino ha il suo appartamento di co-housing sociale che accoglie persone LGBT+ in difficoltà e in condizioni di estrema vulnerabilità. To Housing è la Casa arcobaleno torinese che nasce per rispondere a un’esigenza di emergenza abitativa, ma anche per attivare, muovendo da un bisogno primario e fondamentale come la casa, percorsi di reinserimento sociale. Se il progetto esiste, lo si deve innanzitutto all’Associazione Quore, promotrice sin dal 2007 di attività rivolte a persone LGBT+ sul territorio torinese e regionale attraverso iniziative, campagne di sensibilizzazione e progetti a lungo termine per il raggiungimento di una società inclusiva e rispettosa dei diritti individuali delle persone.
Il progetto To Housing è il più rilevante in Italia per dimensioni e struttura, componendosi di 5 appartamenti tutti molto vicini l’uno all’altro e all’interno di un grande condominio che può ospitare fino a un massimo di 24 persone. Lo staff è un interessante mix di volontari formati e personale professionista, in particolare il team è composto da tre psicologhe, un educatore professionale, un assistente sociale, uno psichiatra, un esperto orientatore al lavoro e un coordinatore di struttura. A costoro si affiancano altre figure che vengono attivate di volta in volta a seconda delle esigenze dell’utenza.
Con la casa in procinto di spegnere la candelina del suo primo anno di attività, si contano circa una cinquantina di richieste di aiuto equamente divise tra persone che sono state accolte in modalità temporanea e persone che hanno avuto bisogno di un soggiorno più lungo. L’età media è tra i 20 e 30 anni, ma un 10% di chi ha contattato la struttura è sopra i 30 anni; la provenienza è in gran parte italiana, tuttavia le segnalazioni non si limitano al territorio piemontese, essendo pervenute da tutta la penisola, isole incluse. Il progetto non esclude nessuno, ma mira prevalentemente a essere di supporto a giovani tra i 18 e 26 anni allontanati dalle famiglie di origine a causa dell’orientamento sessuale, nonché migranti e rifugiati omosessuali, anziani LGBT in condizione di solitudine o povertà, persone transessuali e transgender.
Per ora non è mai successo che si venisse in contatto diretto con i genitori delle persone che vengono ospitate dal progetto, salvo i momenti di confronto e supporto psicologico nei quali si affrontano anche tali questioni nell’ottica e nel tentativo di provare a risolvere i problemi alla base dell’accoglienza della persona in struttura. Tutti gli ospiti iniziano un percorso di orientamento finalizzato all’inserimento nel mondo del lavoro e, ad oggi, diversi ospiti hanno cominciato tirocini o risultano iscritti a corsi formativi e/o scolastici. Per altri le situazioni sono più complesse e richiedono un tempo maggiore.
Dalle Amministrazioni si registrano segnali positivi, ma per il sostentamento nel tempo del progetto serviranno maggiori politiche di sostegno. To Housing ha potuto concretamente contare sul Comune di Torino e sulla Regione Piemonte, soprattutto in funzione della concessione degli appartamenti che si trovano al di fuori delle graduatorie per le case popolari dell’Agenzia Territoriale per la Casa (ATC), ente che si occupa della costruzione e della gestione di alloggi di edilizia residenziale sociale. Attualmente, il progetto è un insieme molto raro di finanziamenti pubblici e privati, dove tuttavia i privati hanno ancora un ruolo fondamentale, soprattutto per la sostenibilità futura del progetto.
Quore ha instaurato rapporti con molte altre associazioni che intendono sviluppare progetti simili a To Housing e si propone di aiutare e sostenere tutte quelle strutture che lo richiedono: in tanti vorrebbero aprire strutture analoghe, ma il percorso è complesso e costoso. Occorrerebbe una politica più attenta e disponibile a un reale sostegno di progetti che, oltre ad aiutare persone LGBT+ in difficoltà, tentano di dialogare con tutti i cittadini e le organizzazioni che lavorano nei settori della solidarietà e dell’accoglienza con progetti di animazione sociale sul territorio. Quore è parte del Coordinamento Torino Pride (coordinamento della associazione che operano sul territorio del Piemonte per i diritti LGBT+), è riconosciuta dall’UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali) e aderisce all’ILGA (International Lesbian and Gay Association). Tolte le singole realtà locali e i punti di riferimento nazionali, però, in Italia le associazioni che si occupano concretamente di welfare per le persone LGBT+ continuano a dialogare poco e male fra loro, riducendo le potenzialità che una rete del genere potrebbe avere!
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