«Si scrive di cicatrici guarite, un parallelo comodo della patologia della pelle, ma non esiste una cosa simile nella vita di un individuo. Vi sono ferite aperte, a volte ridotte alle dimensioni di una punta di spillo, ma sempre ferite». Così recita Tenera è la notte, romanzo del 1934 di Francis Scott Fitzgerald.
Cicatrici e ferite che rimangono aperte. Le stesse protagoniste del racconto breve noir di Franco Sorba, scrittore torinese, che nel suo romanzo omonimo racconta la storia di una esperienza orrorifica di quattro amici attori che, al termine di uno spettacolo, vengono avvicinati da un regista teatrale e dal suo produttore con la proposta di entrare fin da subito nel cast di un nuovo e ambizioso progetto: un film e una riduzione teatrale dello scandaloso romanzo di Fitzgerald.
Sembrano dunque, per loro, aprirsi le porte per un successo annunciato… Ma, quello che doveva essere un sogno, presto si trasforma in un incubo all’insegna del crudo e del genere degli snuff movie (video che riprendono torture realmente messe in pratica durante la realizzazione del filmato, e culminanti con la morte della vittima).
Immancabile, come in altri testi dello stesso autore, è la rappresentazione LGBT che è vista sotto varie forme e fa sì che i rappresentanti si spalmino su tutto lo spettro del comportamento umano: dal puro amore al sesso, passando per temi anche piuttosto seri quale quello delle malattie infettive. Ma in questo racconto non c’è veramente posto per buoni e cattivi, eroe o villian, sogno o incubo. Tutti sono, a loro modo, degli antieroi e ogni cosa ed esperienza viene calcolata ad arte.
Tutto viene condensato in 30 pagine, per un puro momento di ansia e emozione, in un racconto pronto a lasciare il lettore a bocca aperta pagina dopo pagina, fino ad uno stupefacente ed inaspettato finale.
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