«Ah, lei è gay…»: è iniziata con questa frase la disavventura di un uomo omosessuale all’Ospedale Santi Antonio e Biagio di Alessandria. Arrivato lì con un grave mal di testa, l’uomo è stato ricoverato nel reparto di Malattie Infettive ed è stato sottoposto al test dell’HIV, risultato negativo.
Ma non è solo questo il motivo per cui il paziente si è sentito discriminato. Il suo compagno è stato fatto uscire, con toni poco gentili, dalla stanza in cui l’uomo era ricoverato e, dopo avergli chiesto chi fosse, è stata chiesta conferma al paziente, che oggi commenta: «Penso che a marito e moglie nessuno chiederebbe mai questo tipo di conferma». Il paziente ha avvertito un atteggiamento discriminatorio, che ha poi avuto, a suo avviso riscontro anche nella lettera di dimissione, dove nell’anamnesi è stato specificato che è omosessuale e che ha un compagno stabile .
«Cosa c’entra? Perché lo specifichi? È un dettaglio che posso decidere di tenere riservato, ma che adesso dovrò quantomeno condividere con il mio medico di base – racconta l’uomo in uno sfogo – E se lui non lo sapesse? E se io non volessi farlo sapere? Mi chiedo: ci sarà mai una anamnesi con scritto “eterossessuale con compagno stabile”?».
L’avvocato Michele Potè, dell’associazione Avvocatura per i diritti Lgbti-Rete Lenford, ritiene questo comportamento discriminatorio e aggiunge: «C’è anche una violazione della privacy perché è un dato sensibile. In generale, mi sembra un comportamento medievale. L’omosessualità non è una malattia dal 1990. Lo trovo molto stigmatizzante. Aver chiesto di sostenere il test per l’HIV è anche peggio».
Va tuttavia puntualizzato che dati come quelli riportate dal dato anamnestico sono congrui, sebbene sarebbe stato più opportuno specificare che l’assistito fosse un MSM e non il suo orientamento sessuale.
«Ci dispiace molto se in questo caso il paziente possa essersi sentito discriminato – spiega l’azienda ospedaliera a TGCOM24 – Nel caso specifico, l’informazione è stata concordata tra il medico e il paziente e la lettera di dimissione era riservata e consegnata esclusivamente al soggetto interessato alle cure». L’Azienda si è inoltre resa disponibile ad andare incontro alla richiesta del paziente e a rettificare il referto.
L’associazione LGBT+ alessandrina Tessere Le Identità ha già organizzato un incontro con la Dirigenza Sanitaria e i responsabili del reparto per approfondire la vicenda, discutere del protocollo che l’ente ospedaliero prevede per questo tipo di ricoveri e il tipo di informazioni che vengono rilasciate su documenti privati e pubblici.
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