La città della torre si è colorata di 20.000 presenze. L’Onda Pride ha invaso il centro storico, ha portato una ventata di gioia nelle strade della città toscana. Il fatto che per il Toscana Pride 2019 si sia stata scelta Pisa, non è un caso: nel 1979 il primo Pride italiano fu proprio qui, Roma negò i permessi e fu Pisa ad accogliere le istanze della comunità Lgbt dell’epoca; era l’arrivo ufficiale in Italia della ribellione nata con i moti di Stonewall.
Il corteo con musica, colori, trucchi e fare festante ha camminato portando un messaggio di inclusione totale: qualunque tipo di diversità trova accoglienza. Alla testa del corteo c’erano Iacopo Melio e la sua #voglioprendereiltreno con dei volontari che hanno assistito i diversamente abili. Arrivati in Piazza Carrara è stata la volta delle riflessioni: la testimonianza di uno degli organizzatori del Pride pisano del ‘79, il portavoce del Toscana Pride e le famiglie di Agedo con una toccante testimonianza.
A patrocinare il Pride sono stati vari comuni, province ed enti, ad esempio: la Regione Toscana, il Comune di Firenze, la Provincia di Pisa con i propri gonfaloni, la Scuola Normale Superiore. Il Comune di Pisa a trazione leghista no, il comune ospitante ha preferito stare sulle sue; il Sindaco Conti ha fatto una dichiarazione molto dubbia in cui faceva riferimento al manifestare decoroso ed alla educazione dei bambini. Non merita ulteriori parole; gli altri hanno portato i gonfaloni la giunta pisana la pochezza.
Anche l’Università di Pisa ha negato il patrocinio, il motivo è perché il Pride è un evento divisivo. Pare assurdo che un’università che ha il doppio libretto per gli studenti transessuali neghi il patrocinio ad un tale evento. Sotto il rettorato una rappresentante degli studenti ha tenuto un discorso sulla questione, il tutto si è concluso con un fantastico bacio tra due donne.
Intervista a Junio Agliotti Colombini, portavoce del Toscana Pride, all’indomani della parata
Siete soddisfatti della riuscita della manifestazione?
Siamo molto soddisfatte, essere in piazza con più di 20.000 persone è stata per noi un’emozione che fatica a diminuire.
Da una parte c’è la soddisfazione di essere riuscite a lavorare su alcuni punti per noi fondamentali (la storia, il rapporto con le istituzioni, l’accessibilità della parata, ecc.) e dall’altra quella di aver gestito al meglio una logistica non facile nella città di pisa. Un lavoro di squadra che ripaga.
Cosa pensi del Comune di Pisa e dell’Università di Pisa che vi hanno negato il patrocinio?
Rispetto al comune credo che non sia altro che una conferma del tipo di politica e di cultura che la nuova amministrazione pisana ha deciso di mettere in campo. Parlo di conferma perché già il recesso dalle Rete Ready, la mozione di sostegno alla conferenza delle famiglie, l’uscita dal programmi accoglienza dello SPRAR, le ordinanze sul “decoro” e tante, troppe, azioni di questo tipo avevano già chiarito chi è considerata e chi no cittadina di Pisa. Al netto del colore partitico (comunque non ininfluente) un comune dovrebbe fare l’interesse di tutte le sue cittadine, oggi per Pisa non è così.
Sull’Università credo invece che il mancato patrocinio del Senato accademico esploda la contraddizione che oggi c’è tra piano simbolico e piano progettuale. Sul piano simbolico l’ateneo non vuole (o non riesce) a prendere una posizione precisa perché questo significa difendere politicamente e pubblicamente una posizione che è oggetto di animate discussioni. Sul piano progettuale invece sono molte le iniziative, spesso portate avanti dal Comitato Unico di Garanzia, dedicate al contrasto alle discriminazioni nei confronti della comunità LGBT+, come si legge anche dalla mozione di sostegno presentata dal CUG pisano.
Un piano simbolico senza progettualità è un patrocino vuoto così come una progettualità senza una presa di posizione netta è un contributo politico monco. Come movimento è nostro compito, quindi, insistere perché questi due aspetti coesistano sempre.
Perché oggi manifestazioni come il Pride, dividono ancora così tanto?
I Pride sono divisivi perché pongono questioni, mettono in discussione l’ordine costituito e attaccano le fondamenta di una società in cui i diritti vengono presentati come appannaggio di pochi.
La rivendicazione dei diritti è sempre stata osteggiata e invisibilizzata ma oggi più che mai una retorica populista e benaltrista fomenta discorsi d’odio che, ogni volta che c’è un pride, vanno dagli insulti più beceri e manifesti a quelli fatti da una discriminazione mascherata (gli “ok, MA…”, per intenderci). Una comunità che non si prende cura di tutte le sue componenti è una comunità divisa e, finché sarà così, fare Pride è indispensabile.
La pagina Facebook del Toscana Pride ha condiviso i suoi obiettivi in pillole: come li riassumeresti in poche parole?
Difficile riassumere tutto il documento in poche parole perché abbiamo cercato di mantenere un livello di approfondimento alto ma, in generale, posso dire che il documento si divide in 6 macro aree tematiche che coprono un po’ tutti gli argomenti: le famiglie e i nuovi modelli di relazione; il contrasto alla discriminazione e diritti umani oltre ogni confine territoriale, la salute, la prevenzione e il benessere psicologico, fisico e sessuale di ciascuna persona; l’educazione alle differenze, come strumento attivo di cambiamento culturale e, dunque, sociale; l’autodertminazione piena, sui nostri corpi e sul modo di rappresentarli; l’accesso e il benessere sul lavoro, visto come strumento di indipendenza. Un’importante parte è stata dedicata alla storia del nostro movimento, vi consiglio comunque di leggere tutto sul Documento Politico del Toscana Pride.
Foto copertina: Francesca Gimelli per il Toscana Pride
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