Sta suscitando molto clamore in Polonia il licenziamento di un dipendente IKEA dopo che questo ha diffuso dei versi della Bibbia sulla rete aziendale. Tomasz, questo il nome del dipendente, ha citato dei versi omofobi in un commento a risposta di un evento aziendale LGBT in occasione del Pride.
I versi incriminati sono due: «Se uno ha con un uomo relazioni carnali come si hanno con una donna, ambedue hanno commesso cosa abominevole; dovranno esser messi a morte; il loro sangue ricadrà su loro» (Levitico 20:13) e «Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare» (Matteo 18:6).
IKEA ha reputato quei commenti offensivi per gli altri dipendenti LGBT, che si sono trovati davanti ai propri occhi delle frasi di una violenza inaudita, ha deciso dunque di interrompere l’attività lavorativa di Tomasz. Questo ha provocato un terremoto in Polonia, con un boicottaggio ai danni di IKEA e lo sciacallaggio di alcuni politici conservatori, che si sono offerti per pagare le spese legali al dipendente.
La responsabile delle comunicazioni aziendali Katarzyna Broniarek ha spiegato che in IKEA c’è la «libertà di idee, tolleranza e rispetto per ogni dipendente, ma l’azienda deve reagire quando vede il rischio di violazione della dignità degli altri dipendenti» e che «il dipendente ha effettivamente usato citazioni dall’Antico Testamento sulla morte e il sangue al quale vanno incontro gli omosessuali».
Lasciando ai tribunali polacchi decidere quali siano gli estremi per un licenziamento, vanno fatte però delle considerazioni su come questa notizia è stata plasmata dalla stampa internazionale e da quella italiana. Il focus non sembra essere l’evidente omofobia, ma la “discriminazione dei cattolici”, come se i contenuti di un testo sacro prevalgano sulla libertà degli individui.
La Voce del Trentino scrive: «Dopo la pubblicità che ammiccava alla coppie gay, ma che di fatto non escludeva dagli obiettivi di vendita quelle etero, ecco arrivare la discriminazione dei cattolici». Il quotidiano parla poi del caso non riportando i versi incriminati, ma asserendo che l’azienda svedese abbia licenziato il dipendente poiché in disaccordo con le filosofie aziendali, e invocando l'”obiezione di coscienza”. Come ha spiegato la Broniarek, non si sarebbe arrivati a tanto se Tomasz avrebbe non avrebbe usato termini sanguinosi per esprimere la propria opinione, ma anche questo viene omesso. Nell’articolo a firma della redazione, l’odio di quei versi diventa un’opinione, mentre la tutela dei dipendenti LGBT è “marketing”.
Siamo di fronte ancora una volta al vittimismo dei fondamentalisti cattolici, che dopo aver lanciato la pietra e averne subito le conseguenze lagnano la propria “discriminazione”. Se quei versi violenti, che invocano la morte delle persone LGBT, fossero contenuti nel Corano, lo scenario riportato oggi dalla cronaca sarebbe lo stesso?
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