Che Tempo Che Fa, Di Maio come Salvini: «Famiglia è mamma e papà»

È passata soltanto una settimana dalle belle parole di Luigi Di Maio, quando il viceremier pentastellato è di fronte a Fabio Fazio, nella trasmissione Che Tempo Che Fa a parlare di famiglie arcobaleno. Ricordiamo che Di Maio aveva definito “sfigati” e “medievali” i congressisti di Verona, ponendo però più l’accento sui diritti delle donne che su quelli delle persone LGBT; le difese di queste ultime erano state prese da Vincenzo Spadafora, che ha promesso da Sottosegretario delle Pari Opportunità di patrocinare la giornata contro l’omofobia.

L’illusione degli elettori arcobaleno del M5S si sgretola però quando Fazio chiede in modo diretto al vicepremier quale sia la sua posizione sulle famiglie arcobaleno. Alla domanda del conduttore su che bisogno ci fosse di togliere la dicitura “genitore” per fare posto a “mamma” e “papà”, Di Maio ha premesso: «Da cattolico penso che la famiglia sia col papà e con la mamma, ma nel movimento ci sono tante sensibilità».

Il leader del M5S ha poi aggiunto: «In Italia non abbiamo una legge che permette l’adozione di bambini da parte di coppie dello stesso sesso, abbiamo dei casi in cui la Magistratura con delle stentenze ha riconosciuto la possibilità di adottare dei bambini o ha riconosciuto dei bambini in una coppia dello stesso sesso».

Di Maio chiude l’argomento nello stesso modo con cui avrebbe fatto uno di quei congressisti da lui reputati medievali: «Parliamo dei bambini, perché i bamini non sono un diritto», come se avere dei genitori gay precludesse qualcosa ai bambini, come dimostrato da studi scientifici. In sostanza, avere un bambino è un diritto per le coppie che lo concepiscono, per le altre non si sa.

Il Governo pare dunque unito su questo punto, alla luce di queste dichiarazioni sembra chiaro che le coppie omosessuali dovranno aspettare la prossima legislatura per sperare un riconoscimento di diritti come l’adozione o la stepchild adoption, quest’ultima affossata grazie proprio al voltafaccia dei deputati pentastellati, che cambiarono all’ultimo la propria intenzione di voto sul supercanguro che avrebbe evitato modifiche al ddl Cirinnà.

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