Fratelli delle Drag Queen, ma ancora poco conosciuti dal pubblico italiano: i Drag King restano un punto interrogativo per molti. Ecco un’intervista a Deville LeBleu, Drag King italiano, che ha risposto alle nostre curiosità.
L’intervista
Innanzitutto, chi sono i Drag King?
I Drag King sono performer che, nell’ambito di uno spettacolo Drag, interpretano ruoli maschili. Tendenzialmente si tratta di ragazze che, come accade per le Queen, si divertono a creare personaggi del sesso opposto.
Cosa ti ha spinto a fare drag e perché non hai scelto di essere una bioqueen?
Da quando ho memoria sono sempre stata innamorata dalle arti performative e soprattutto dal teatro. Ciò che trovo davvero affascinante è la capacità degli interpreti di immedesimarsi in un personaggio totalmente diverso dal sé di partenza, anche fisicamente. La parte che preferisco, dunque, è senza dubbio quella legata al make up e ai costumi e trovo molto più interessante e stimolante lavorare su personaggi di sesso opposto, perché mi danno modo di dar vita a delle vere e proprie “trasformazioni”. Credo, inoltre, che in ognuno di noi esista un maschile e un femminile, più o meno sviluppato a seconda della persona. Il mio maschile, che è abbastanza sviluppato, si chiama Deville LeBlue ed è stato molto interessante vederlo sulla scena e capire che cosa aveva da dire e il potenziale che poteva sviluppare.
Come sei stata accolta dal panorama drag italiano, composto prevalentemente da queen?
Ho iniziato a fare Drag proprio grazie ad una Queen qui a Bologna, dove vivo adesso. La signora Simona Sventura ha creato un format, la Drag Academy, dove artisti Drag di tutti i tipi hanno avuto la possibilità di creare e sperimentare il proprio personaggio davanti ad un pubblico ed una giuria di professionisti del settore. Devo dire che Deville è stato accolto sempre molto positivamente, sia dal pubblico che dalle altre sorelle Queen e non sono mancate proposte per lavorare insieme. È chiaro che essere in pochi rende molte volte le cose più difficili, ma rappresentare una “rarità” può anche essere un vantaggio.
Quanto tempo impieghi per truccarti?
Dipende dal tipo di personaggio che scelgo di interpretare… Tendenzialmente meno di quanto ci metterei a fare un trucco completo da donna.
Qual è la parte più difficile?
La parte più difficile è senza dubbio l’applicazione di peli e barba, un’operazione che richiede un minimo di manualità ed esperienza: le prime volte sono molti più i peli che ingerisci di quelli che ti restano appiccicati in faccia.
Quante sottocategorie di King esistono?
Come per le Queen esistono innumerevoli tipologie di King e, naturalmente, uno non esclude l’altro. Esistono King che preferiscono esibirsi in performance di danza, di canto dal vivo, lip sync di canzoni note, pezzi comici, pezzi più seri ed impegnati, interpretazione di personaggi famosi… Ma non è detto che uno stesso King non possa avere più numeri diversi e appartenenti a più di una categoria. Non c’è nessun limite, se non quello del proprio gusto personale.
Esistono i “bioking”?
Certo! Come esistono le Bioqueen, esistono anche i Bioking oppure performer con personaggi ibridi. Il Drag è un’arte libera, e così come è aperta a chiunque, di qualsiasi etnia, genere e orientamento sessuale, allo stesso modo prevede libertà nella scelta del genere del personaggio da interpretare.
Perché si parla così poco dei Drag King?
Credo perché, rispetto al gran numero di colleghe Queen, siamo ancora molto pochi. Non saprei dire con esattezza perché ci sia un così grande disequilibrio tra il numero di Queen e quello di King, ma immagino che l’esistenza di alcuni programmi molto seguiti, come il reality di RuPaul, abbiano contribuito notevolmente a consegnare il Drag in mano al grande pubblico, trasformandolo da fenomeno di nicchia a “moda” amatissima e seguitissima. Forse, se fosse esistito un programma simile anche per i Drag King, saremmo stati molto più numerosi e famosi.
Quanto la cultura pop televisiva e programmi come RuPaul’s Drag Race ti hanno influenzata?
Come ho appena detto, senza dubbio RuPaul con il suo programma è riuscito nella notevole impresa di rendere gli spettacoli Drag fruibili da praticamente chiunque. Questo ha permesso ai più di conoscere un’arte che prima di allora apparteneva soltanto ad un numero ristretto di persone ed era confinata soltanto ad un certo tipo di locali. Il grandissimo successo della serie, che ha creato un incredibile numero di nuovi fan, ha prodotto anche un elevato numero di artisti emergenti, desiderosi di “emulare” il proprio personaggio preferito visto in tv. Tra questi, non mi nascondo, ci sono anch’io. Probabilmente senza RuPaul non avrei mai sentito parlare di Drag Queen o comunque non mi sarei mai avvicinata così tanto all’arte Drag, per cui possiamo dire che è stato il programma a spingermi ad informarmi e poi ad iniziare.
Come hanno accolto i tuoi la scelta di performare in abiti da uomo?
In realtà, molto prima che RuPaul arrivasse, ovvero da quando ero bambina, mi sono sempre cimentata nel “mascherarmi” da maschio. Semplicemente mi divertiva. Poi, essendo sempre stata una gran trasformista e avendo sempre avuto passione per costumi e makeup, devo dire che i miei non si sono stupiti più di tanto, anzi, nessuno della mia famiglia si è mai fatto troppe domande a riguardo, per loro è abbastanza “normale”.
Hai mai avuto difficoltà a far accettare questo tuo lato ad un eventuale partner?
Sono sicura che, almeno all’inizio, la mia scelta di intraprendere questo percorso artistico abbia lasciato il mio compagno un po’ stranito, ma è il mio sostenitore numero uno e non manca mai di farsi in quattro per aiutarmi e, perché no, partecipare a qualcuna delle mie performance.
Come pensi che l’arte drag possa aiutare la comunità arcobaleno?
Quello che ho trovato nell’arte Drag è stata l’assoluta libertà di esprimermi, senza il peso del giudizio degli altri e il dovere di dare troppe spiegazioni. Per me ha rappresenta una sorta di mondo parallelo in cui posso essere praticamente chiunque e qualsiasi cosa, senza la necessità di dovermi affibbiare una qualche etichetta o di dovermi inserire in una determinata categoria di persone. Credo che questo tipo di libertà dovrebbe essere concessa a chiunque, non solo all’interno della comunità arcobaleno. Esistono infinite sfaccettature negli esseri umani, infiniti desideri e modi di essere, perché dobbiamo sentirci costretti a rispettare solo alcuni canoni e affini solo ad un limitato gruppo di persone?
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