Francesca vive a Palermo, ha 23 anni ed è una ragazza omosessuale che ha tentato il suicidio ben 3 volte. La sua non è però la storia di una ragazza con delle problematiche interiori che viene aiutata dalla famiglia, il suo è un incubo provocato proprio da chi dovrebbe esserle vicino.
In uno dei tanti giorni di scuola, Francesca dimentica il cellulare a casa e la sorella, frugando tra i messaggi, scopre la verità sul suo orientamento sessuale. Corre a dirlo ai genitori, che decidono di mettersi in macchina e andare a prenderla da scuola.
Comincia in quell’auto l’inferno dell’allora adolescente, con calci e insulti durante il tragitto verso casa. Le liti diventano frequenti e la situazione peggiora nel tempo. Le sue amiche vengono intimate di starle lontano. La madre, con una violenza verbale inaudita, afferma di preferire una figlia morta ad una figlia lesbica. Il padre usa invece la violenza fisica per farle “trovare la retta via”; dopo essersi slacciato i pantaloni, le dice: «Tu queste cose devi guardare, non le donne», poi abusa sessualmente di lei.
Ad aggiungere orrore a questa storia agghiacciante c’è la complicità e l’omertà dei concittadini. Le fughe della ragazza dalla sua abitazione vengono in più occasioni vanificate dall’intervento dei conoscenti della famiglia.
La violenza e la pressione psicologica spingono così Francesca sull’orlo del baratro. La ragazza pensa di farla finita, ma fortunatamente l’estremo gesto non viene mai compiuto. Arrivano i 18 anni, allora la giovane riesce finalmente a scappare di casa e decide di denunciare i genitori.
Oggi Francesca ha trovato ulteriore coraggio e ha deciso di raccontare questa storia a La Repubblica. Vuole aiutare chi si trova in difficoltà come lo è stata lei. La sua storia dovrebbe far riflettere chi alimenta l’omofobia per fare propaganda politica o spinto da credenze anti-scientifiche.
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